Biblioteca (lettura pubblicata dalla BBT the bhaktivedanta book trust international)



Ritorno a Krishna

La rivista del movimento Hare Krishna

volume 9 n. 1

gennaio-febbraio 1997

Dio è luce. L'illusione è tenebre. Dove c'è Dio non c'è illusione.















Sua Divina Grazia

A. C. Bhaktivedanta Swami Prabhupada

Fondatore-acarya dell'Associazione Internazionale per la Coscienza di Krishna

Srila Prabhupada è arrivato dall'India in Occidente nel 1965, a sessantanove anni, per concretizzare la richiesta del suo maestro spirituale: insegnare la Coscienza di Krsna.
In dodici anni ha pubblicato più di sessanta volumi di traduzioni e commenti degli antichi testi vedici, ora distribuiti in tutto il mondo in circa quattrocento milioni di copie.
Viaggiando in Europa, America, Asia, Australia e Africa, Srila Prabhupada ha aperto in tutto il mondo asrama, scuole, templi, centri culturali e comunità agricole.
Ha lasciato questo mondo nel 1977 a Vrndavana, in India, il luogo più caro a Krsna.
I suoi discepoli continuano il Movimento a cui egli ha dato vita.










La Rivista del Movimento Hare Krishna

RITORNO
A KRISHNA

FONDATA NEL 1944

FONDATORE (sotto la direzione di
Sua Divina Grazia Sri Srimad
Bhaktisiddhanta Sarasvati Prabhupada)
Sua Divina Grazia
A. C. Bhaktivedanta Swami Prabhupada

DIRETTORE RESPONSABILE:
A. D'Ambrosio  Ali Krsna devi dasi

REDAZIONE:
Nikunja Vasini devi dasi, Pancaratra dasa, Rasika devi dasi, Saiva devi dasi, Sitarani devi dasi, Virabhadra disa, Bhaktin Annalisa.

AMMINISTRAZIONE:
Nimai Pandita dasa

ABBONAMENTI:
Dananistha devi dasi

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PRONUNCIA: La traslitterazione dei termini in sanscrito di questa rivista è stata eseguita secondo il metodo adottato internazionalmente: a si pronuncia a chiusa; â si pronuncia a lunga e aperta; î si pronuncia i lunga; û si pronuncia u lunga; c è sempre dolce; j si pronuncia g dolce; r si pronuncia ri; s si pronuncia sc come in scena; altrettanto s ma più sibilante; h è sempre aspirata. Krsna si pronuncia Krishna (sh è sc dolce); Caitanya si pronuncia "Ciaitanya".

NOMI SPIRITUALI: I membri dell'Associazione Internazionale per la Coscienza di Krsna ricevono uno dei nomi di Sri Krsna o di un Suo devoto, seguito da suffisso dasa al maschile e dasi al femminile che significa servitore o servitrice. Per esempio, il nome Krsna dasa significa servitore di Krsna.

© Bhaktivedanta Book Trust  Tutti i diritti riservati

RITORNO A KRISHNA  Pubblicazione registrata presso il tribunale di Milano n° 199 del 13/03/89

Vol. 9 N. 1 - gennaio-febbraio 1997

Fotolito: Fotolitografie Fiorentine, Dicomano, FI

Stampa: Zincografica Fiorentina, Pontassieve, FI.


Sped. abb. art. 2 legge 549/95 comma 27 Fil. Firenze










COME RAGGIUNGERE KRSNA
Una lezione di Srila Prabhupada

IL TEMPO NEI PURANA E L'ARCHEOLOGIA
Un'indagine sui presupposti teorici della moderna archeologia, a confronto con le concezioni cosmologiche presentate nei Purana

SRIMAD BHAGAVATAM
In esclusiva la pubblicazione dell'undicesimo Canto

SRILA PRABHUPADA LILAMRTA
La pubblicazione della biografia di Prabhupada

MAESTRI IN CUCINA
Il Riso: colorato, leggero, saporito

I DIALOGHI DI SRILA PRABHUPADA
... io penso, che Dio sia...

DVARAKA
La meravigliosa città di Krsna

IL MAHABHARATA
Continua il grande racconto epico

CALENDARIO VAISNAVA
Ricorrenze, Festività e Celebrazioni della tradizione vaisnava, così come concepite in accordo al calendario vedico















COME RAGGIUNGERE KRSNA

Non occorre indovinare: Krsna ci indica
il modo per poterLo raggiungere

Estratto da una conferenza tenuta a New York il 28 novembre 1966
da Sua Divina Grazia A.C. Bhaktivedanta Swami Prabhupada
FondatoreAcarya dell'Associazione Internazionale per la Coscienza di Krsna

na sadhayati mam yogo na
sankhyam dharma uddhava
na svadhyayas tapas tyago yatha
bhaktir mamorjita

(Krsna, Dio, la Persona Suprema, disse:) "Mio caro Uddhava, né con l'astangayoga (il metodo dello yoga mistico per raggiungere il controllo dei sensi), né col monismo impersonale o lo studio analitico della Verità Assoluta, né con lo studio di Visnu, né con la pratica dell'austerità, né con la carità, né accettando il sannyasa, è possibile soddisfarMi tanto quanto sviluppando il puro servizio devozionale offerto alla Mia Persona!"
(SrimadBhagavatam 11.14.20 - citazione dalla Caitanyacaritamrta, Madhyalila, 20.137)

Sri Caitanya racconta la seguente allegoria: un astrologo si rivolge a un povero indicandogli dove scavare per trovare un tesoro. Il tesoro rappresenta la coscienza di Krsna, ossia l'amore per Dio, e le direzioni in cui viene chiesto all'uomo di scavare rappresentano i diversi metodi per cercare la Verità Assoluta.
L'astrologo dice al povero: 'In realtà tu sei il figlio di un uomo molto ricco ma non lo sai. E' per questo che soffri.'
Essere poveri in questo mondo è una maledizione per la gente comune, per chi ha una concezione materiale di vita, mentre chi è ricco spiritualmente non ha niente a che vedere con la povertà o la ricchezza di questo mondo.
Gli esseri viventi non sono fatti per essere poveri perché sono particelle infinitesimali del Signore Supremo, il proprietario supremo. Tutti hanno per nascita il diritto di godere della proprietà di Dio, proprio come il figlio che eredita le proprietà del padre. E' la legge. Ma sotto l'incantesimo dell'illusione abbiamo dimenticato la nostra relazione con il padre supremo e perciò soffriamo: questa è la diagnosi.
Ora dobbiamo scoprire come tornare a casa, come tornare a Dio. Questa dovrebbe essere la missione della vita umana. La ragione del nostro contatto con il mondo materiale non è importante. Seguendo le istruzioni della letteratura vedica, simili alle parole dell'astrologo, dovremmo arrivare al punto di scoprire come tornare a Dio. Come l'astrologo dà suggerimenti al povero, così i testi vedici ci suggeriscono come diventare ricchi ripristinando la relazione perduta con nostro padre.
Sono diversi i percorsi per risvegliare questa relazione, ma Sri Caitanya dice che nessun metodo eccetto la bhakti potrà funzionare. La letteratura vedica dice la stessa cosa. Nel verso di oggi Sri Caitanya cita una prova dallo SrimadBhagavatam: na sankhyam dharma uddhava. Sri Krsna in questo verso dice: 'Il metodo dello yoga non è sufficiente per raggiungerMi.' Na sankhyam. Sankhyam significa 'speculazione filosofica'. 'Anch'essa non Mi può raggiungere'. Na... dharma uddhava. Dharma significa 'principi religiosi' e uddhava significa 'Mio caro Uddhava'.
Come aveva istruito Arjuna nella Bhagavad-gita, così Sri Krsna istruì anche Suo cugino Uddhava. Queste istruzioni si trovano nello SrimadBhagavatam. Nel corso di tali istruzioni Krsna dice: 'Mio caro Uddhava, con la pratica dello yoga non mi si può raggiungere, né con il sankhya, né con il dharma.'



Il significato dello yoga

Il significato reale di yoga è 'ciò che è in grado di connettere, aggiungere, sommare'. In matematica abbiamo addizioni e sottrazioni. Al presente stiamo operando una sottrazione - Dio meno me stesso. Se non si ha alcuna cognizione di Dio allora siamo in una condizione di 'meno'. Ecco, yoga significa Dio più me stesso, ed è questo il reale significato del termine. Per così tanto tempo siamo stati in una condizione di 'menoDio'; adesso attraverso lo yoga possiamo divenire 'piùDio'. Tuttavia, è importante comprendere e ricordare che sul piano spirituale, in senso assoluto, 'Dio più me' dà Dio e 'Dio meno me' dà ancora Dio. Quando siamo 'meno', ossia separati da Dio, ciò non significa che Dio abbia, perso alcune delle Sue capacità. No. Egli è
pieno. E quando siamo 'più', e quindi
riuniti a Dio, ciò non significa che egli abbia
aumentato alcune delle Sue
capacità. No.
Nella Bhagavad-gita viene dato un esempio molto
chiaro: apuryamanam
acala pratistham.
Durante la stagione
delle piogge milioni
di tonnellate d'acqua vengono versate dai fiumi nell'oceano ma l'oceano rimane al medesimo livello. Se
un qualsiasi oceano non aumenta
quando gli viene aggiunto qualcosa,
che dire di Dio. Io dico 'un qualsiasi oceano' perché
milioni di oceani fluttuano nell'universo. Perciò non dovremmo
essere sbalorditi nel vedere
l'Oceano Atlantico. Nello spazio ci
sono milioni e trilioni di oceani
come l'Atlantico. Essi fluttuano
come una particella atomica di
acqua fluttua nell'aria. Tale è la
potenza di Dio.
Per coloro che sono troppo assorti
nella concezione corporea della
vita il sistema dello yoga va molto
bene perché è un metodo per
ritrarre i sensi dal loro impegno nel mondo esterno.
Ci sono otto stadi di pratica dello yoga. I primi due sono yama e niyama. Seguendo i principi regolatori, bisogna cercare di controllare i sensi nel mangiare, nel dormire e nel lavorare. Questa pratica è chiamata yama-niyama. Il primo principio dello yoga consiste nell'astenersi dalla vita sessuale. Questo è il vero yoga. Chi indulge nella vita sessuale, negli intossicanti e in altre assurdità non ha possibilità di successo nello yoga.
E' necessario inoltre sedersi in isolamento in un luogo sacro; il collo, la testa e il corpo devono essere
eretti. Si deve guardare la punta del proprio naso con occhi semiaperti. Se si aprono gli occhi allora si sarà disturbati dalle manifestazioni materiali, e se si chiudono gli occhi, ci si appisola (Prabhupada imita qualcuno che russa). Mi è capitato di assistere a questa scena. Molti yogi lo fanno, dormono (risata).
Poi viene dhyana, la concentrazione della mente. Qual è lo scopo nel concentrare
la mente? Trovare noi
stessi all'interno del corpo e quindi trovarvi il Signore.
Questa è la perfezione dello yoga. Non
agire in modo assurdo notte e giorno, frequentare un corso di yoga, pagare cinque dollari e pensare: 'Oh, sono un grande yogi.' Queste sono tutte sciocchezze.
Lo yoga non è facile. Molti
cosiddetti insegnanti di yoga
sfruttano soltanto le persone. Posso dire francamente che loro i loro studenti sono una società di imbroglioni e di imbrogliati
Sebbene lo yoga sia approvato nella letteratura vedica, è molto difficile eseguirlo nell'era attuale. Perfino cinquemila anni fa, quando le circostanze erano più favorevoli, quando la gente non era così contaminata, ed era ben più consapevole, anche a quei tempi persone come Arjuna rifiutarono di praticare lo yoga. Quando Krsna gli disse: 'Diventa uno yogi!', Arjuna rispose: 'Non mi è possibile.'
Non è quindi possibile praticare lo
yoga oggi. Era possibile nel satya-yuga quando tutti gli uomini erano situati sotto l'influenza della virtù. Tutti erano molto elevati. Lo yoga è destinato a persone molto elevate, non a persone comuni.
Ma anche se lo yoga è molto ben eseguito non può condurre di per sé al Signore Supremo. E' affermato in questo verso. Che dire di pseudoyoga: pur eseguendolo in modo corretto, perfettamente, ancora non sarà possibile raggiungere Dio.
E affermato qui: na sadhayati mam
yogo.



Analizzando spirito e materia

E' anche affermato nel verso, na sankhya: 'Non con il sankhya.'
Sankhya significa comprendere la differenza tra spirito e materia. Il filosofo sankhya analizza il mondo materiale suddiviso in ventiquattro parti: i cinque elementi grossolani,
i tre elementi sottili, i cinque sensi di percezione, i cinque sensi d'azione, i cinque oggetti dei sensi e il pradhana, le influenze non manifestate della natura materiale. I cinque elementi grossolani sono terra, acqua, fuoco, aria e etere. Poi ci sono i tre elementi sottili. Più sottile dell'etere è la mente, più sottile della mente è l'intelligenza e più sottile dell'intelligenza è il falso ego, il falso concetto di essere materia.
I cinque sensi di percezione sono gli occhi, il naso, gli orecchi, la lingua e la pelle. I cinque sensi d'azione, per i quali godiamo o soffriamo, sono la voce, le gambe, le mani, l'ano, e i genitali. E i cinque oggetti dei sensi sono l'olfatto, il gusto, la vista, il tatto e l'ascolto.
Questa analisi del mondo materiale suddiviso in ventiquattro parti è detta sankhya. Si tratta di una completa analisi di tutto ciò che è sperimentabile. E oltre ai ventiquattro elementi c'è l'anima spirituale. E oltre all'anima c'è Dio.
La persona che segue il sankhya non può trovare l'anima; agisce come gli scienziati materialisti nel senso che analizza soltanto oggetti materiali. Non ha informazioni al di là di questo. Ora io sto parlando con voi: i filosofi sankhya non sono in grado di spiegare ciò che ci permette di parlare. Analogamente, i medici, dopo aver sezionato il corpo, non possono scoprire ciò che lo fa funzionare, cioè la forza spirituale. E poiché i materialisti non sono in grado di identificare nemmeno le particelle del Signore Supremo  noi esseri viventi  che possibilità avrebbero di trovare Dio? Quindi, né gli yogi, né coloro che seguono il sankhya possono trovare Dio.
Anche con il dharma non è possibile trovare Dio. Qui dharma si riferisce ai riti. Gli hindu vanno al tempio, i cristiani in chiesa, i musulmani alla moschea, e tutti pensando: 'Qui c'è Dio!' Naturalmente questo è l'inizio. Va bene. Tale convinzione deve esistere. Ma poiché sono intrappolati nei rituali non hanno ulteriore conoscenza. Non cercano di progredire ulteriormente. Pensano: 'Tutto finisce qui.' Quindi non possono raggiungere Dio. Poi svadhyaya. Svadhyaya significa studio della letteratura vedica. E tapah. Tapah significa penitenze. Digiuno, meditazione, vivere in un luogo solitario, vivere nella giungla: sono molte le forme di penitenza e di austerità. E tyaga 'rinuncia'. Il sannyasa, l'ordine di rinuncia, è un genere di rinuncia. Quindi il Signore dice: 'Tutti questi metodi: yoga, sankhya, rituali, studio dei Veda, penitenze e rinuncia combinati assieme o individualmente, non sono sufficienti per raggiungerMi.'



La bhakti, l'unico modo

Quindi in pratica ogni metodo è qui disapprovato dal Signore Supremo. I metodi sono disapprovati in questo senso: chi li segue può avvicinarsi allo scopo finale solo fino a un certo punto, ma non potrà mai raggiungerlo, a meno che non venga aggiunto il metodo devozionale. La devozione deve essere presente perché il fine è Krsna, il Signore Supremo. Krsna dice nella Bhagavad-gita: 'Dopo molte, molte nascite chi è veramente intelligente verrà a Me e si abbandonerà perché avrà realizzato che Dio è ogni cosa.' Bisogna arrivare al livello della coscienza di Krsna. Forse sarà possibile arrivarci attraverso il metodo dello yoga, forse col metodo filosofico, con il metodo dell'esecuzione dei rituali, con la penitenza oppure con lo studio, ma senza raggiungere l'obiettivo della coscienza di Krsna, il tentativo avrà successo solo fino a un certo stadio.
Sfortunatamente la gente si accontenta di diversi gradi di successo. Difficilmente qualcuno cerca di raggiungere la meta definitiva. Ma se qualcuno vuole raggiungerla, allora dovrà seguire il metodo della coscienza di Krsna, bhaktir
mamorjita. Solo questo metodo può portare al Signore Supremo. Chi è intelligente segue questo semplice ma profondo procedimento.
In questa era non è possibile eseguire perfettamente lo yoga, non si possono eseguire perfettamente i riti religiosi, non si può affrontare lo studio in modo perfetto. Le circostanze sono così sfavorevoli che tali metodi non sono possibili in questa era. Perciò, grazie alla Sua misericordia senza causa, Sri Caitanya ci ha dato questo metodo:

harer nama harer nama
harer namaiva kevalam
kalau nasty eva nasty eva
nasty eva gatir anyatha

'In questa era di Kali, soltanto cantando i santi nomi di Krsna è possibile ottenere il fine supremo. Non c'è alternativa. Non c'è alternativa. Non c'è alternativa.' Questa è una citazione dal BrhadNaradiya Purana. Sri Caitanya conferma con enfasi questa dichiarazione. Egli non ha inventato qualcosa di nuovo raccomandando la bhakti come unico mezzo per raggiungere il fine supremo. Per questo cita dai testi autorizzati, e fa questo in modo che le persone possano accettare la via della bhakti. Dovremmo accogliere questo metodo del canto dei Santi Nomi di Krsna sottolineato da Caitanya, e verificare che in pratica questo è l'unico modo per realizzare rapidamente la Verità Suprema, la Verità Assoluta. Per questo dovremmo seguire la coscienza di Krsna con molta serietà e sincerità.















IL TEMPO NEI PURANA E L'ARCHEOLOGIA

di Drutakarma dasa

Un'indagine sui presupposti teorici della moderna
Archeologia, a confronto con le concezioni cosmologiche
presentate nei Purana.

Fornendo una grande sfida alle ormai stabilite convinzioni e metodologie accademiche, Drutakarma dasa presenta il punto di vista vaisnava sui concetti fondamentali nell'approccio e nell'interpretazione dei dati archeologici. Documento presentato al terzo Congresso Archeologico Mondiale tenutosi a Delhi nel Dicembre 1994.



Il concetto di tempo dell'archeologia moderna e dell'antropologia moderna in generale si avvicina al concetto di tempo storicocosmologico globale della cultura giudaicocristiana europea. Differendo dal concetto storico-cosmologico ciclico del tempo degli antichi Greci in Europa, degli Indiani e degli altri popoli in Asia, il concetto di tempo storicocosmologico giudaicocristiano è lineare e progressivo.
Anche l'archeologia moderna divide con la teologia giudaicocristiana, l'idea che gli umani apparirono dopo la maggior parte delle specie. L'autore soggettivamente si posiziona all'interno della prospettiva vaisnavahindu e da questa angolazione intende offrire una critica radicale alla moderna generalizzazione sull'origine dell'uomo e sulla sua antichità storica.
La letteratura epica hindu, in particolare i Purana e le Ithihasa, pone l'esistenza dell'uomo nel contesto di ripetuti cicli chiamati yuga e kalpa aventi ognuno la durata di centinaia di milioni di anni.
Secondo i Purana, durante l'intero periodo dei cicli gli uomini coesistettero con delle creature in qualche modo somiglianti ai primi ominidi, gli autori di quegli utensili descritti dalle moderne teorie evoluzioniste. Considerando i dati contenuti nei Purana come oggettivamente autentici e tenendo in considerazione l'imperfezione e la complessità, generalmente ammessa, dei dati archeologici e antropologici sembra possibile formulare la seguente teoria: gli strati della terra, andando indietro di centinaia di milioni di anni, dovrebbero fornire ai ricercatori un disorientante miscuglio di ossa umane, alcune di uomini anatomicamente moderni e altre no, come pure una disorientante varietà di artefatti, alcuni a prova di un elevato livello artistico e altri no. Considerando i preconcetti progressisti di generazioni di archeologi e di antropologi, si può capire come questo miscuglio di ossa e di artefatti possa essere stato inteso come un facile strumento per comprovare il concetto di tempo lineareprogressivo, profondamente radicato nella mentalità dell'occidente.
Uno studio accurato dei dati archeologici e della stessa storia dell'archeologia, conferma la possibilità che questa teoria dell'evoluzione sia ben lungi da essere definitiva. In questo contesto si può meglio comprendere come il concetto di tempo lineare-progressista pone una barriera sostanziale ad una valutazione veramente oggettiva dei dati archeologici e ad un razionale concepimento di teorie sull'origine e sull'antichità dell'uomo. Il concetto di tempo di fatto usato dai moderni scienziati della storia, inclusi gli archeologi, si avvicina molto al concetto di tempo giudaico-cristiano tradizionale. Questa affermazione è, ovviamente, una generalizzazione. In ogni cultura della terra possiamo trovare che la gente comune fa uso di un concetto di tempo, lineare o ciclico, che può andare a contrapporsi con la visione dei suoi grandi pensatori. Ciò è certamente vero per gli antichi Greci.
Tuttavia, si può affermare che il concetto cosmologico di molti prominenti pensatori greci riguarda un concetto di tempo ciclico, o ad episodi, simile a quello trovato nella letteratura puranica dell'India.
Per esempio; ne Le Opere e i Giorni di Esiodo troviamo la descrizione di una serie di ere (definite come ere dell'oro, dell'argento, del bronzo, eroica e del ferro) che risultano essere del tutto simili agli yuga indiani. In entrambi i cicli la vita umana peggiora con il trascorrere di ognuna delle ere. Nella sua opera Sulla Natura, Empedocle, parla di un tempo cosmico che ha un andamento ciclico. Nei dialoghi di Platone si trovano descrizioni di tempi ciclici e di catastrofi ricorrenti che distruggono, o quasi, la civiltà umana. Aristotele dice in diversi passi delle sue opere, che l'arte e la scienza vennero scoperte molte volte nel passato. Inoltre, negli insegnamenti di Pitagora, di Platone e di Empedocle, riguardanti la trasmigrazione dell'anima, il modello ciclico viene esteso all'esistenza psicofisica individuale. Quando la civiltà giudaicocristiana sorse in Europa prevalse un altro tipo di 'tempo'. Questo 'tempo' è stato definito come lineare e vettoriale. Praticamente parlando, questo concetto di tempo dà come implicito il fatto che vi sia stato un unico atto di creazione cosmica, un'unica apparizione del genere umano e un'unica storia di salvezza culminante in un'unica risoluzione nella forma del giudizio universale. Tutto ciò accade una volta sola. Individualmente la vita umana rispecchia questo processo, con qualche eccezione: i cristiani ortodossi non accettano la trasmigrazione dell'anima. Le scienze storiche moderne, di base, condividono le assunzioni sul tempo giudaicocristiane. L'universo che abitiamo è il frutto di un evento unico. Gli uomini sono apparsi una sola volta su questo pianeta. La storia dei nostri antenati è considerata come un unico, tuttavia non predestinato, sentiero evolutivo. Anche il sentiero futuro della nostra specie è unico. Sebbene questo sentiero sia ufficialmente impossibile da predire, i miti della scienza progettano una possibile vittoria sulla morte attraverso la scienza biomedica e il controllo dell'intero universo attraverso l'evoluzione di esseri umani in grado di viaggiare nello spazio. Un gruppo di scienziati, che fa riferimento al Santa Fe Institute, promotore e finanziatore di diverse conferenze sulla 'vita artificiale', predice il trasferimento dell'intelligenza umana in macchine e computer in grado di mostrare i sintomi tipici del pensiero vivente. La 'vita artificiale' diventa così la trasfigurazione ultima della salvezza della nostra specie. A questo punto si è tentati di proporre l'idea per cui la descrizione evoluzionista moderna è in realtà una forma eterodossa del pensiero giudaicocristiano, che in maniera poco evidente mantiene le strutture fondamentali della cosmologia, della soteriologia e dell'escatologia giudaicocristiana, mentre apertamente mette da parte le descrizioni, provenienti dalle scritture, dell'intervento divino nell'origine della specie, inclusa la nostra. Questa è una dinamica simile a quella che intercorre nel rapporto tra il buddismo e l'induismo, il primo anch'esso considerato una forma eterodossa dell'ultimo. Mettendo da parte le scritture hindu e il concetto di Dio, il buddismo mantiene tuttavia le assunzioni cosmologiche basilari hindu, quali il tempo ciclico, la trasmigrazione delle anime e il karma. Un altro aspetto che la descrizione evoluzionista moderna ha in comune con la descrizione cristiana antica è che gli esseri umani apparvero dopo le altre specie di vita. Nella Genesi, Dio crea le piante, gli animali e gli uccelli prima degli esseri umani. Per coloro che seguono la Bibbia alla lettera l'intervallo di tempo è breve: l'uomo venne creato durante l'ultimo dei nostri attuali sei giorni solari. Altri hanno considerato come ere i giorni della Genesi. Per esempio, al tempo di Darwin gli scienziati europei con forti inclinazioni cristiane proposero che Dio avesse gradualmente portato all'esistenza diverse specie attraverso le ere geologiche fino al momento il cui la Terra fosse pronta a ricevere l'uomo. Nelle descrizioni evoluzioniste attuali, gli essere umani anatomicamente moderni, essendosi evoluti dagli ominidi loro predecessori negli ultimi 100.000 anni, occupano la posizione di specie più importante e più recente esistente sul pianeta terra. Tuttavia, nonostante gli sforzi dei prominenti sostenitori delle teorie evoluzioniste di mitigare la tendenza ad esprimere questa apparizione dell'uomo in forma teologica, e questo anche tra gli stessi scienziati evoluzionisti, l'idea che l'uomo fosse il coronamento del processo evoluzionista trovava ancora delle riserve nella mente del pubblico e degli scienziati.
Sebbene agli uomini anatomicamente moderni sia riconosciuta un'età di circa 100.000 anni, gli archeologi e gli antropologi, in comune con le descrizioni giudaicocristiane, attribuiscono alla civiltà da loro scaturita un'età di poche migliaia di anni e, ancora in sintonia con le descrizioni giudaico-cristiane, collocano le prime apparizioni di questo tipo di uomo nel Medio Oriente. Non intendo affermare con ciò che vi sia un diretto legame causale tra le idee degli antichi giudeicristiani e quelle della scienza storica moderna. Per dimostrare ciò, come afferma Edward B.D. nella sua revisione di alcuni lavori recenti sull'argomento, serve una documentazione di certo molto più accurata di quella che è stata finora fornita. Ma i caratteri comuni del concetto di tempo presenti nei due sistemi cognitivi suggeriscono che questi legami causali potrebbero esistere e che sarebbe producente tracciare un collegamento sufficientemente dettagliato per dimostrarlo con una certa plausibilità. Comunque, il fatto che il concetto di tempo adottato dalla scienza moderna, tacitamente accettato e quindi non esaminato criticamente, sia più o meno causalmente collegato con il concetto giudaicocristiano, pone un'influenza significativa sull'interpretazione dei dati archeologici e antropologici.
Per dimostrare come ciò potrebbe essere vero, descriverò quella che è stata la mia esperienza nell'esaminare questi dati, partendo da una concezione di tempo 'estranea' e diversa da quella classica, essendo più familiare con il concetto di tempo e con le descrizioni sull'origine dell'uomo contenute nei Purana e nelle Itihasa. Il mio personale sentiero di apprendimento mi ha portato ad accettare la tradizione vaisnava come guida primaria nello studio dell'universo visibile e di ciò che potrebbe trovarsi al di là di esso.
Durante l'ultimo secolo è stato considerato completamente irragionevole trasferire concetti derivati dai testi religiosi, direttamente nel mondo degli studi scientifici sulla natura. Infatti, molti testi introduttivi di archeologia e di antropologia fanno una chiara distinzione tra il metodo cognitivo 'scientifico' e quello 'religioso', relegando quest'ultimo allo status di credenza indimostrabile, con poca o nessuna utilità nello studio oggettivo della natura. Molti di questi testi si spingono anche oltre quando affermano orgogliosamente che tale visione è stata sostenuta dalle Corte Suprema degli Stati Uniti, quasi come se lo Stato fosse l'arbitro migliore e finale di una controversia intellettuale. Mi piace obbiettare però, che tale ostilità radicale della scienza verso i punti di vista religiosi sulla natura è forse irragionevole, particolarmente per la storia moderna. Nonostante la loro critica all'oggettività religiosa, molti ricercatori di oggi mantengono o includono nel loro lavoro di studio e indagine scientifica di tutti i giorni molti concetti cosmologici giudaicocristiani, specialmente per ciò che riguarda il tempo, e implicitamente li impiegano nelle loro osservazioni e nella configurazione di nuove teorie scientifiche. In questo senso gli evoluzionisti moderni condividono una parte del territorio intellettuale con i loro odierni 'antagonisti', i fondamentalisti cristiani.
Ma ci possono essere altri modi di comprendere i processi storici nella natura. Come questo possa accadere è dato compiendo l'esperimento mentale di guardare il mondo da una prospettiva cronologica radicalmente differente, ad esempio quella suggerita dal concetto del tempo puranico. Non sono l'unico a dare questo suggerimento. Gene Sager, professore di filosofia e di studi religiosi al Palomar College in California, ha scritto una recensione al mio libro intitolato Forbidden Archeology (di M. Cremo e R. Thompson, 1993) dove dice: "Come studioso nel campo delle religioni comparate ho talvolta sfidato gli scienziati offrendo un modello ciclico, o a spirale, per lo studio della storia umana basato sul concetto vedico del kalpa. Pochi scienziati occidentali sono aperti alla possibilità di organizzare i dati che hanno nei termini di tale modello. Non sto affermando che il modello vedico sia assolutamente vero... Tuttavia la questione rimane; il modello lineare e vettoriale di tempo si dimostra adeguato? Io credo che Forbidden Archeology offra una sfida ben documentata. Se dobbiamo affrontare questa sfida dobbiamo praticare l'apertura mentale procedendo su una strada transculturale e interdisciplinare." Il Congresso Archeologico Mondiale fornisce il luogo appropriato per tale dialogo transculturale e interdisciplinare.
Il tempo ciclico dei Purana opera nel cosmo materiale. Al di là del cosmo materiale si trova il cielo spirituale, il brahmajyoti. Innumerevoli pianeti spirituali fluttuano nel cielo spirituale dove il tempo materiale, nella forma dei cicli degli yuga, non agisce. Ognuno di questi cicli è composto da quattro yuga. Il primo, il Satyayuga dura 4800 anni dei deva. Il secondo, il Tretayuga dura 3600 anni dei deva. Il terzo, il Dvaparayuga, dura 2400 anni dei deva e il quarto, il Kaliyuga dura 1200 anni dei deva (Srimad-Bhagavatam, 3,11,19). Poiché un anno dei deva corrisponde a 360 anni solari, la durata degli yuga sulla Terra è, secondo i commentari vaisnava, di 432.000 anni per il Kaliyuga, di 864.000 anni per il Dvapara-yuga, di 1.296.000 anni per il Treta-yuga e di 1.728.000 anni per il Satya-yuga. Il tutto per un totale di 4.320.000 anni riferito all'intero ciclo di yuga. Mille cicli di yuga, per la durata di 4.320.000.000 di anni, completano un giorno di Brahma, il deva che governa questo universo. Un giorno di Brahma è anche chiamato kalpa. La notte di Brahma ha la stessa durata. La vita è manifesta sulla Terra soltanto durante il giorno di Brahma. Durante la notte di Brahma l'intero universo è devastato e sprofonda nell'oscurità. All'inizio di un'altro giorno di Brahma la vita si manifesta di nuovo. Ogni giorno di Brahma è diviso in 14 manvantara, ognuno dei quali ha la durata di 71 cicli di yuga. A precedere e a seguire ogni manvantara c'è un periodo di congiunzione (sandhya) della lunghezza del Satyayuga, ossia di 1.728.000 anni. Normalmente, ogni manvantara si conclude con una devastazione parziale. Secondo le descrizioni contenute nei Purana ora ci troveremmo nel ventottesimo ciclo di yuga dell'ottavo manvantara nell'attuale giorno di Brahma. Tutto ciò porterebbe a dare alla Terra un'età di
2,3 miliardi di anni. E' particolarmente interessante notare che i più antichi organismi riconosciuti in maniera indiscussa dai paleontologi, alghe fossili come quelle provenienti dalla formazione Gunflit in Canada, si crede abbiano circa la stessa età. Complessivamente, sono trascorsi dall'inizio di questo giorno di Brahma, 524 cicli di yuga.
Ogni ciclo di yuga comprende un movimento progressivo da un'età dell'oro, di pace e di progresso spirituale, a un'età finale di violenza e di degrado spirituale. Alla fine di ogni Kaliyuga, la Terra è praticamente spopolata. Durante i cicli di yuga, le specie umane coesistono con altre specie umanoidi. Per esempio, nello SrimadBhagavatam (9,10,20) troviamo che Ramacandra, l'avatara divino, conquista Lanka, il regno di Ravana, con l'aiuto degli intelligenti uominiscimmia, residenti nella foresta, che combatterono con alberi e pietre contro i soldati ben armati di Ravana. Ciò accadde nel Tretayuga, circa un milione di anni fa. Specificati i cicli di yuga, le devastazioni periodiche al termine di ogni manvantara e la coesistenza di esseri umani civilizzati con delle creature che in qualche modo si avvicinano agli antenati dell'uomo citati dalle moderne descrizioni evoluzioniste, che proiezioni possiamo trarre dalle descrizioni puraniche a riguardo dei dati archeologici?
Prima di rispondere a questa domanda dobbiamo considerare l'imperfezione e l'approssimazione della datazione dei fossili. In particolare, gli ominidi fossili sono estremamente rari. Inoltre, solo una piccola frazione degli strati sedimentari depositatisi durante il corso della storia della Terra sono sopravvissuti all'erosione e agli altri processi geologici distruttivi. Tenendo conto di quanto appena detto, e osservando questo panorama dal punto di vista dei Purana del tempo e della storia, ci si presenta di fronte un miscuglio sparso, ma sorprendente, di ominidi fossili, alcuni anatomicamente moderni altri no, che va indietro di decine e anche di centinaia di milioni di anni, trovati in siti posti in tutto il mondo. Inoltre, abbiamo un miscuglio di utensili in pietra e di altri artefatti ancora più numeroso e sorprendente, alcuni dei quali che mostrano un alto livello di abilità tecniche, altri no. Se poi a questo aggiungiamo considerazioni in merito alle tendenze ideologicoreligiose della maggior parte di coloro che hanno operato nel campo dell'archeologia e dell'antropologia negli ultimi 150 anni, si può anche ipotizzare che questo sorprendente miscuglio di fossili e di artefatti sia stato 'edito' e 'riorganizzato' in modo da essere conforme alla teoria lineare e progressiva dell'origine dell'uomo.
Una più attenta investigazione dei dati pubblicati riguardanti i reperti archeologici, fatta da me e da Richard Thompson ha dato un sostegno empirico a queste precedenti ipotesi. Quanto qui contenuto infatti è solamente un campione del totale corpo di prove, catalogato per esteso nel nostro libro Forbidden Archeology. Le analisi dettagliate e gli ulteriori dati riportati nella nostra pubblicazione offrono una forte conferma all'autenticità e all'antichità di tali scoperte. Nella trattativa riguardante la valutazione del fatto che gli esseri umani anatomicamente moderni si siano evoluti dagli ominidi meno avanzati nel tardo Pleistocene, gli scienziati, per non tradire i dettami imposti dallo schema di riferimento comunemente accettato, hanno reso poco conformi all'idea corrente la considerevole quantità di pressanti prove contraddittorie in parte elencate sopra. Insieme con Richard Thompson abbiamo concluso che l'omissione di queste prove è stata compiuta attraverso l'applicazione di una doppia norma, secondo la quale le prove favorite furono esentate dai severi e scettici esami ai quali le prove sfavorite furono soggette.
Un esempio, tra i molti, che potrebbe essere citato per dimostrare una tale operazione di omissione dei reperti archeologici 'scomodi' è il caso del ritrovamento della ghiaia aurifera in California. Durante i giorni della 'corsa all'oro' in California, cominciata negli anni cinquanta del secolo scorso, i minatori trovarono nei tunnel delle miniere molte ossa umane anatomicamente moderne così come strumenti in pietra avanzati, sprofondati in depositi di ghiaia aurifera, coperta da spessi strati di lava.
Secondo le moderne teorie geologiche, la ghiaia che si trovava sotto la lava aveva un'età tra i 9 e i 55 milioni di anni. Queste scoperte vennero riportate al mondo della scienza da J.D. Whitney, geologo di stato della California, in una pubblicazione monografica edita dal Museo Peabody di Storia Naturale
dell'Università di Harvard. Dalle prove che mise insieme, Whitney giunse ad una teoria nonprogressiva delle origini umane  le prove fossili che egli riportò indicavano che gli uomini vissuti in un passato molto remoto erano uguali a quelli del presente. A questo, W.H. Holmes dello Smithsonian Istitute replicò: 'Forse, se il Professor Whitney avesse pienamente apprezzato la storia dell'evoluzione umana così come compresa oggi, avrebbe esitato ad annunciare le conclusioni formulate nonostante l'imponente rassegna di testimonianze con le quali era messo a confronto.' Questa attitudine è ancora oggi rilevante. Nei loro manuali universitari, Stein e Row affermano: 'Le affermazioni scientifiche non devono mai essere considerate assolute.' Loro stessi però affermano in modo alquanto assoluto: 'Qualcuno ha ipotizzato che gli esseri umani sono sempre stati come sono oggi. Gli antropologi sono convinti che gli esseri umani sono cambiati nel corso del tempo in risposta al cambiamento delle condizioni. Quindi lo scopo degli antropologi è di raccogliere prove dell'evoluzione e di generare teorie in questa direzione.' Apparentemente, per definizione, un antropologo non può avere altro punto di vista o scopo se non quello di operare per sostenere questa 'missione'. Tuttavia, non va dimenticato che questo assoluto legame a un modello lineare e progressivo delle origini umane, dichiaratamente e volutamente 'non religioso', potrebbe avere profonde radici nella cosmologia giudaicocristiana.
Uno degli aspetti che Holmes trovò più difficili da accettare fu la similitudine degli utensili in pietra ritrovati, dei quali si è presunta la grande antichità, con quelli usati dagli indiani moderni. Egli si chiedeva come qualcuno potesse considerare seriamente l'idea che "gli utensili di una razza appartenente all'era terziaria potessero essere stati lasciati nel letto di un torrente dell'era terziaria per essere riportati alla luce, come nuovi, dopo un enorme lasso di tempo, nell'ambito di una moderna comunità che utilizza gli stessi oggetti?" Questa similitudine può essere spiegata in diversi modi, ed una possibile spiegazione è quella di una ripetuta apparizione, nel corso ciclico del tempo e nella stessa regione geografica, di esseri umani con particolari attributi culturali. Il suggerimento che un avvenimento simile possa accadere ripetutamente certamente colpirà coloro che ritengono assurdo considerare gli esseri umani come il risultato di una lunga e unica serie di mutamenti evolutivi nella linea degli ominidi e questo fatto gli risulterà così assurdo da prevenirli dal considerare qualunque prova come un potenziale sostegno all'interpretazione ciclica della storia dell'uomo.
Va notato, comunque, che qualsiasi archeologo moderno che si trovasse ad esaminare le prove catalogate in Forbidden Archeology, non esiterebbe a considerare, per lo meno in chiave ipotetica, la possibilità di un'interpretazione ciclica della storia umana atta a spiegare tali avvenimenti.
George F. Carter, noto per le sue vedute controverse sull'uomo antico nell'America del Nord, il 26 Gennaio 1994, mi scrisse: "Se la tua tavola a pag. 391 fosse corretta, l'età minima degli artefatti di Table Mountain sarebbe di 9 milioni. Penseresti, quindi, possibile che si sia avuta una differente creazione e scomparsa? Essa replicherebbe l'archeologia della California 9 milioni di anni dopo? Oppure al contrario. I californiani di 9 milioni di anni dopo replicherebbero i materiali trovati sotto la Table Mountain?"
Questo è esattamente ciò che mi sentirei di proporre a riguardo del concetto ciclico di tempo, ossia degli esseri umani con una cultura somigliante a quella degli Indiani dell'America del Nord apparvero in California milioni di anni fa, probabilmente diverse volte.
"Trovo grandi difficoltà con questo tipo di ragionamento", ha confessato Carter. Ma questa difficoltà, che assale la mente della maggior parte degli archeologi e degli antropologi, potrebbe essere il risultato di un vincolo ideologico conseguito dal contatto con la cultura di provenienza.
Questo vincolo, relativo agli assunti che vengono ad originarsi partendo da una concezione lineare del tempo, è raramente riconosciuto, ma ancora più raramente è messo in discussione. Perciò potrebbe risultare importante tornare ad esaminare i dati archeologici attraverso 'la lente' di altri tempi, come ad esempio quello descritto dai Purana.
Molti prenderanno la mia proposta come il perfetto esempio di ciò che può accadere quando si portano le proprie idee religiose nello studio oggettivo della natura.
Jonathan Marks ha reagito in modo tipico nella sua revisione del libro Forbidden Archeology: "Generalmente, il tentativo di conciliare il mondo naturale con i punti di vista religiosi finisce per compromettere il mondo naturale." Ma finché gli antropologi moderni non condurranno un'esaminazione coscienziosa degli effetti che hanno sulla ricerca le loro assunzioni 'nascoste' sul tempo e sul progresso, di discutibile ed incerta provenienza religiosa, dovrebbero mettere da parte la pretesa di poter conseguire una oggettività universale. Non dovrebbero perciò essere così veloci ad accusare gli altri di adeguare gli eventi per far si che essi rientrino nei dogmi religiosi.















SRIMADBHAGAVATAM

'UNDICESIMO CANTO'

Tra tutte le scritture Vediche il più illuminante
testo che descrive la Personalità di Sri Krsna



Scritture Vediche

SRIMADBHAGAVATAM

Abbiamo un grande piacere nel pubblicare la versione inedita in lingua italiana dello SrimadBhagavatam, undicesimo canto, la parte conclusiva del grande classico della spiritualità compilato cinquemila anni fa da KrsnaDvaipayana Vyasa, tradotto dall'originale sanscrito da Sua Divina Grazia A.C. Bhaktivedanta Swami Prabhupada, e completato dai suoi discepoli.
Lo SrimadBhagavatam, l'essenza di tutte le Scritture Vediche, è la scienza spirituale che ci permette di conoscere non solo la sorgente ultima di ogni cosa, l'Essere Supremo, ma anche la relazione che ci unisce a Lui, e spiega inoltre che il nostro dovere è di agire per migliorare la società umana sulla base di questa conoscenza infallibile.
Chi fosse interessato all'intera opera può contattare la Bhaktivedanta Book Trust Italia.







CANTO 11

CAPITOLO 1


La maledizione contro la dinastia Yadu



VERSO 2


TRADUZIONE

Poiché i figli di Pandu si erano incolleriti per
le numerose offese dei loro nemici, come il
gioco d'azzardo truccato, gli insulti verbali,
l'episodio in cui Draupadi fu trascinata per i
capelli, e molte altre crudeli violazioni, il
Signore Supremo usò i Pandava come causa
immediata al fine di eseguire la Sua volontà.
Col pretesto della battaglia di Kuruksetra,
Sri Krsna fece in modo che tutti i re,
diventati ormai un fardello per la Terra, si
riunissero con i loro eserciti in schieramenti
opposti sul campo di battaglia, e quando il
Signore Supremo li uccise nel corso della
guerra, la Terra sentì che il suo fardello era
stato alleviato.



SPIEGAZIONE

I Pandava erano stati ripetutamente perseguitati
dai loro nemici, nella persona di Duryodhana e
Duhsasana. Giovani principi innocenti quali
erano, i Pandava non avevano nemici, ma
Duryodhana complottava incessantemente
contro i suoi indifesi cugini. I Pandava erano stati
mandati ad abitare in una casa di lacca che in
seguito fu data alle fiamme. Fu somministrato
loro del veleno, e la loro fedele e casta moglie,
Draupadi, venne pubblicamente insultata quando
i Kuru la trascinarono per i capelli e cercarono di
strapparle di dosso i vestiti. Tuttavia in mezzo a
tutti questi pericoli, il Signore, Sri Krsna,
continuò a proteggere i Pandava, che erano
completamente sottomessi a Lui e non
conoscevano altro rifugio all'infuori di Lui.
In questo verso è particolarmente significativa la
parola itaretaratah. Prima della battaglia di
Kuruksetra, Krsna aveva ucciso personalmente
molti demoni, tra cui Putana, Kesi, Aghasura e
Kamsa. Ora Krsna voleva completare la Sua
missione e rimuovere il fardello della Terra
uccidendo gli
ultimi empi rimasti ma, come afferma
questo verso, krtva nimittam: il
Signore non li uccise personalmente;
conferì invece ai Suoi devoti, Arjuna e
gli altri Pandava, il potere di eliminare i
re empi. In questo modo, agendo
personalmente e attraverso la Sua
espansione immediata, Balarama,
oppure conferendo il potere necessario
ai Suoi puri devoti come i Pandava,
Krsna manifestò pienamente i poteri
dello yugavatara, ristabilendo i
princìpi religiosi e liberando il mondo
dai demoni. Benché lo scopo
principale della battaglia di Kuruksetra
fosse quello di uccidere i demoni,
secondo il piano di Krsna anche alcuni
grandi devoti, come Bhisma,
sembrarono schierarsi contro il
Signore. Tuttavia com'è spiegato nel
primo Canto dello Srimad-Bhagavatam (1.9.39)
l'espressione hata gatah svarupam,
molti grandi devoti interpretarono con il
Signore il ruolo di nemici, e appena
furono uccisi da Krsna tornarono
immediatamente alla Sua dimora nel
cielo spirituale, nel loro corpo spirituale
originale. Poiché Dio è assoluto,
quando uccide elimina i demoni dalla
Terra, e nello stesso tempo incoraggia i
Suoi puri devoti.



VERSO 3


bhu-bhara-raja-prtana yadubhir nirasya
guptaih sva-bahubhir acintayad aprameyah
manye 'vaner nanu gato 'py agatam hi bharam
yad yadavam kulam aho avisahyam aste

bhu-bhara: la cui esistenza
rappresentava il fardello della Terra;
raja: dei re; prtanah: gli eserciti;
yadubhih: con gli Yadu; nirasya:
eliminando; guptaih: protetti;
sva-bahubhih: dalle Sue stesse
braccia; acintayat: Egli considerò;
aprameyah: il Signore inconcepibile;
manye: Io penso; avaneh: della Terra;
nanu: si potrebbe dire; gatah: se n'è
andato; api: ma anche; agatam: non se
n'è andato; hi: in verità; bharam: il
fardello; yat: poiché; yadavam: degli
Yadu; kulam: la dinastia; aho: ah;
avisahyam: intollerabile; aste: rimane.



TRADUZIONE

Dio, la Persona Suprema, usò la
dinastia Yadu, che era protetta
dalle Sue stesse braccia, per
eliminare i re che con i loro eserciti
erano diventati un fardello per questa Terra. Poi il
Signore inconcepibile pensò tra Sé:
"Sebbene alcuni possano dire che ora il
fardello del mondo è stato ormai eliminato,
secondo la Mia opinione non è così, perché rimane ancora la dinastia stessa degli Yadava, il cui potere è insopportabile per la Terra.



SPIEGAZIONE

Srila Bhaktisiddhanta Sarasvati Thakura ha
commentato a questo proposito che sebbene le
persone ordinarie potessero pensare che il
Signore aveva già eliminato il fardello della Terra
uccidendo i demoni, ristabilendo il dharma e il
resto, Sri Krsna stesso riusciva a vedere un
ulteriore pericolo nelle attività irreligiose dei
membri della Sua stessa famiglia i quali si
comportavano in modo sconveniente. E' detto
nello Srimad-Bhagavatam che un re giusto si
rifiuterà di punire il proprio nemico, se lo trova
innocente, ma punirà il proprio figlio se questi
merita davvero la punizione. Così, benché agli
occhi del mondo i componenti della dinastia del
Signore siano sempre degni di rispetto, Sri
Krsna Si accorse che a causa del loro stretto
contatto con Lui alcuni componenti della dinastia
Yadu erano diventati indifferenti alla Sua volontà.
Poiché questi capricciosi membri della dinastia
Yadu potevano agire liberamente, essendo
parenti di Dio, la Persona Suprema, essi
sarebbero certamente stati causa di grandi
sventure per il mondo, e le persone sciocche
avrebbero scambiato il loro comportamento
sventato per la volontà di Krsna. Così il Signore,
i cui desideri sono inconcepibili, cominciò a
considerare la necessità di annientare i membri
sprezzanti e indifferenti della famiglia Yadu.
Dal punto di vista delle persone comuni, tutti i
demoni erano stati uccisi durante i divertimenti
del Signore Supremo a Dvaraka e Mathura,
come nella battaglia di Kuruksetra, e ora la Terra
era stata liberata dal suo fardello, tuttavia per
liberare il mondo dal peso che doveva ancora
sopportare, quello dei Suoi vanagloriosi familiari,
Sri Krsna li trasferì lontano dalla Terra
provocando tra loro il sorgere di una guerra
fratricida. In questo modo cominciò a preparare
la Sua stessa scomparsa dal mondo.
Sridhara Svami ha messo in rilievo il fatto che la
parola bahubhih, "dalle Sue braccia", è usata qui
al plurale (e non al duale) per indicare che il
Signore provocò la distruzione della dinastia
Yadu nella Sua forma a quattro braccia. Nella
sua forma originale di Govinda Krsna ha due
braccia, ma fu nell'emanazione plenaria di
Narayana a quattro braccia, che il Signore uccise
tutti i demoni della Terra, e infine eliminò i pesanti
membri della Sua stessa famiglia. Ci si potrebbe
chiedere: se alcuni componenti della famiglia
Yadu erano diventati indifferenti alla volontà del
Signore, perché non si opposero al Suo piano di
eliminarli dalla Terra? E' per questa ragione che
viene qui usato il termine aprameyah, a indicare
che è impossibile per chiunque, perfino per i Suoi stessi
familiari, comprendere completamente la volontà
del Signore.
Srila Jiva Gosvami ha fornito un'altra ragione per
la distruzione della dinastia Yadu, ricordando
che le attività di Dio, la Persona Suprema, non
devono mai essere considerate comuni attività
materiali. E nemmeno i compagni del Signore
sono persone comuni. Benché Sri Krsna sembri
incarnarSi per qualche tempo in questo mondo,
e poi Se ne vada, dobbiamo comprendere che il
Signore Supremo è eternamente situato con tutto
ciò che Lo circonda nelle Sue diverse dimore del
cielo spirituale, come Sri Gokula, Mathura, e
Dvaraka. I discendenti della dinastia Yadu sono
eterni compagni del Signore, e perciò non
possono mai essere separati da Lui. Krsna Si
stava preparando ad abbandonare i Suoi
divertimenti terreni, e se avesse lasciato gli Yadu
sulla Terra sicuramente questi, sconvolti per la
Sua assenza, avrebbero travolto e distrutto il
mondo nella loro agitazione. Per questo motivo
Krsna organizzò la scomparsa della dinastia
Yadu prima della Sua stessa scomparsa.
Srila Jiva Gosvami conclude affermando che in
ultima analisi i componenti della dinastia Yadu
non devono mai essere considerati irreligiosi. Gli
acarya Vaisnava hanno spiegato che la storia
della scomparsa della dinastia Yadu è destinata
in particolar modo ad aiutare le anime
condizionate a liberarsi dai legami della vita
materiale. Nei tre mondi non esisteva opulenza o
potenza che potesse uguagliare quelle della
dinastia Yadu. Dio, la Persona Suprema,
possiede illimitate opulenze bellezza, forza,
conoscenza, fama e così via e i componenti della
dinastia Yadu, che erano i compagni personali
del Signore, godevano anch'essi di inconcepibili
opulenze. Perciò, quando vediamo la guerra
fratricida privare d'un tratto gli Yadu dei loro
possedimenti terreni, e perfino della loro vita,
possiamo comprendere che non esiste alcuna
posizione permanente in questo mondo
materiale. In altre parole, benché i membri della
dinastia Yadu fossero eterni compagni del
Signore, immediatamente trasferiti su un altro
pianeta dove il Signore stava per apparire, la
loro improvvisa scomparsa a causa di una guerra
fratricida ha il fine di fissare stabilmente nella
mente delle anime condizionate la natura
temporanea di questo mondo. L'apparente
indifferenza o l'inimicizia di alcuni Yadu nei
confronti di Krsna non deve dunque essere
considerata vera irreligione da parte loro.
L'intera situazione era stata organizzata da Sri
Krsna per impartire una lezione alle anime
condizionate. A questo proposito Srila Jiva
Gosvami cita vari versi del Bhagavatam per
dimostrare che i membri della dinastia Yadu
avevano ottenuto di nascere nella nobile famiglia
del Signore grazie ad innumerevoli attività
virtuose, e concentrandosi completamente nella
meditazione su Krsna. In effetti è detto che
mentre dormivano, stavano seduti, camminavano
o parlavano, essi non riuscivano a ricordare se
stessi, perché pensavano sempre e soltanto a
Krsna.
Nel primo Canto dello Srimad-Bhagavatam
(1.15.33), Srila Prabhupada ha così
commentato la scomparsa della dinastia Yadu:
"Il tramonto del sole non indica la sua fine.
Significa soltanto che il sole non è più alla
portata della nostra vista. Similmente, la fine
della missione del Signore su un particolare
pianeta o universo significa soltanto che Egli non
è più visibile ai nostri occhi. Anche la fine della
dinastia Yadu non implica il fatto che essa sia
stata distrutta. Scompare insieme al Signore,
sottraendosi alla nostra vista."



VERSO 4


naivanyatah paribhavo 'sya bhavet kathancin
mat-samsrayasya vibhavonnahanasya nityam
antah kalim yadu-kulasya vidhaya venu-
stambasya vahnim iva santim upaimi dhama

na: non; eva: certamente; anyatah: per un'altra
causa; paribhavah: sconfitta; asya: di questa
(dinastia); bhavet: ci può essere; kathancit: con
nessun mezzo; mat-samsrayasya: che ha preso
completamente rifugio in Me; vibhava: con il
suo potere; unnahanasya: senza limitazioni;
nityam: sempre; antah: all'interno; kalim: un
litigio; yadu-kulasya: la dinastia Yadu; vidhaya:
ispirando; venu-stambasya: di un gruppo di
canne di bambù; vahnim: un fuoco; iva: come;
santim: la pace; upaimi: Io raggiungerò;
dhama: la Mia dimora personale eterna.



TRADUZIONE

Sri Krsna pensò:
"Nessuna forza esterna potrebbe mai
portare la sconfitta a questa famiglia, la
dinastia Yadu, i cui membri sono sempre
stati completamente sottomessi a Me, e la
cui opulenza non ha limiti. Ma se Io suscito
la discordia all'interno di questa dinastia,
essa agirà come un fuoco creato dall'attrito
dei bambù in un canneto, e allora potrò
raggiungere il Mio vero scopo e tornare alla
Mia eterna dimora.



SPIEGAZIONE

Sri Krsna voleva organizzare la scomparsa dei
componenti della dinastia Yadu, ma non poteva
ucciderli personalmente come aveva ucciso molti
demoni, perché gli Yadu erano la Sua famiglia.
Ci si può chiedere perché il Signore non fece in
modo che venissero uccisi da altri. Questo verso
spiega dunque, naivanyatah paribhavo 'sya
bhavet kathancit: poiché gli Yadu erano la
famiglia del Signore stesso, nessuno nell'universo
era in grado di ucciderli, neppure gli esseri
celesti. In effetti, Visvanatha Cakravarti
Thakura spiega che nessuno nell'universo aveva
anche soltanto il potere di insultare i membri
della dinastia Yadu, e tanto meno di sconfiggerli
o di ucciderli. La ragione è svelata dalle parole
mat-samsrayasya. Gli Yadu avevano preso
pienamente rifugio in Krsna, e per questo
godevano sempre della protezione personale del
Signore. E' detto, mare krsna rakhe ke, rakhe
krsna mare ke: se Krsna protegge qualcuno,
nessuno può ucciderlo, e se Krsna vuole
uccidere qualcuno, nessuno può salvarlo. In
origine Krsna aveva chiesto a tutti i Suoi
compagni, e agli esseri celesti, di apparire sulla
Terra per assisterLo durante i Suoi divertimenti.
Ora che i Suoi divertimenti volgevano alla fine su
questo particolare pianeta, e stavano per essere
trasferiti su un pianeta di un altro universo,
Krsna volle rimuovere tutti i Suoi compagni
dalla Terra, in modo che non costituissero un
fardello durante la Sua assenza. Poiché la
potente dinastia Yadu, la famiglia e l'esercito
personale del Signore, non potevano essere
sconfitti da nessuno, Krsna fece nascere una
discordia interna, proprio come talvolta il vento
in una foresta di bambù strofina tra loro le canne
e dà origine a un fuoco che consuma la foresta
intera.
Srila Bhaktisiddhanta Sarasvati Thakura ha
precisato che le persone comuni, ascoltando le
avventure degli Yadu, potrebbero pensare che
gli eroi della dinastia Yadu siano degni di
adorazione quanto Krsna, o che siano dotati di
un potere di controllo indipendente. In altre
parole, coloro che sono contaminati dalla
filosofia Mayavada potrebbero considerare la
dinastia Yadu al medesimo livello di Krsna.
Perciò, allo scopo di stabilire che nemmeno
l'essere più potente è in grado di uguagliare o di
superare il Signore Supremo, Krsna organizzò
la distruzione della dinastia Yadu.



VERSO 5


evam vyavasito rajan
satya-sankalpa isvarah
sapa-vyajena vipranam
sanjahre sva-kulam vibhuh

evam: in questo modo; vyavasitah: decidendo
senza dubbio; rajan: o re; satya-sankalpah: i cui
desideri si realizzano sempre; isvarah: il Signore
Supremo; sapa-vyajena: con il pretesto di una
maledizione; vipranam: dei brahmana;
sanjahre: ritirò; sva-kulam: la Sua stessa
famiglia; vibhuh: l'Onnipotente.



TRADUZIONE

Mio caro re Pariksit, quando ebbe preso
questa decisione, il Signore Supremo e
onnipotente, i cui desideri si realizzano
sempre, ritirò la propria famiglia col
pretesto di una maledizione pronunciata dai
brahmana riuniti.



SPIEGAZIONE

Srila Bhaktisiddhanta Sarasvati Thakura ci ha
lasciato un commento molto importante a questo
verso. Egli afferma che essendo le intenzioni del
Signore Supremo, Krsnacandra, sempre
perfette, fu certamente considerando il più
grande beneficio per il mondo intero che Egli
distruggesse la propria famiglia col pretesto della
maledizione dei brahmana. A questo proposito,
Bhaktisiddhanta Sarasvati Thakura ha tracciato
un parallelo con i divertimenti di Sri Caitanya
Mahaprabhu, che è Krsna stesso apparso come
Suo devoto.
Sri Caitanya apparve insieme alla Sua prima
espansione plenaria, nota come Sri Nityananda
Prabhu, e con Sri Advaita Prabhu. Queste tre
Persone Caitanya Mahaprabhu, Nityananda
Prabhu e Advaita Prabhu sono considerate dagli
acarya Vaisnava appartenenti alla categoria dei
visnu-tattva, la posizione suprema di Dio, la
Persona Sovrana. Queste tre Personalità di Dio
percepirono che nel futuro i Loro cosiddetti
discendenti per via seminale avrebbero riscosso
riconoscimenti indebiti e, inorgogliendosi di
questo fatto, avrebbero commesso gravi offese
verso coloro che erano effettivamente guru
Vaisnava ossia rappresentanti del Signore.
Ogni essere vivente è parte del Signore
Supremo, come afferma la Bhagavad-gita
(mamaivamsah). In origine, ogni essere vivente
è figlio di Dio, eppure per compiere i Suoi
divertimenti il Signore sceglie alcuni esseri
qualificati, ai quali permette di nascere come
Suoi parenti personali. Gli esseri viventi che
appaiono invece come discendenti della famiglia
personale del Signore potrebbero sicuramente
inorgoglirsi di una simile posizione, e abusare della grande adulazione che
certamente avrebbero ricevuto dalle persone
comuni. Essi potrebbero ottenere così
un'attenzione indebita e sviare la gente dal vero
principio del progresso spirituale che consiste nel
sottomettersi al puro devoto che rappresenta il
Signore. Gli ultimi otto versi del dodicesimo
capitolo della Bhagavad-gita descrivono i puri
devoti ai quali il Signore permette di agire come
acarya, o guide spirituali per l'umanità. In altre
parole, il semplice fatto di nascere nella famiglia
personale di Krsna non è una qualifica
sufficiente per essere riconosciuti come maestri
spirituali perché secondo la Bhagavad-gita,
pitaham asya jagatah: ogni essere vivente è
eternamente membro della famiglia del Signore.
Krsna afferma nella Bhagavad-gita, samo 'ham
sarva-bhutesu na me dvesyo 'sti na priyah:
"Io sono equanime verso tutti. Nessuno è Mio
nemico, e nessuno è Mio amico in modo
particolare." Se Dio, la Persona Suprema,
sembra avere una famiglia speciale, come nel
caso della dinastia Yadu, questa cosiddetta
famiglia ha un suo ruolo nei divertimenti del
Signore che è quello di attrarre gli esseri ai Suoi
divertimenti. Krsna Si comportò come se la
dinastia Yadu fosse la Sua famiglia, benché in
realtà tutti gli esseri viventi facciano parte della
Sua famiglia.
Le persone comuni, invece, non riescono a
comprendere i princìpi superiori della
conoscenza spirituale, e dimenticano facilmente i
veri requisiti di un maestro spirituale autentico,
attribuendo un'importanza indebita alle persone
nate nella cosiddetta famiglia del Signore. Sri
Caitanya Mahaprabhu volle quindi evitare
questo ostacolo sulla via del progresso spirituale,
non lasciando dietro di sé dei figli. Benché Si
fosse sposato due volte, Caitanya Mahaprabhu
non ebbe figli. Nityananda Prabhu, anch'Egli
Dio, la Persona Suprema, non accettò nessuno
dei figli naturali nati dal Suo proprio figlio, Sri
Virabhadra. Similmente, Sri Advaita Acarya
privò della propria compagnia tutti i Suoi figli,
tranne Acyutananda e altri due. Acyutananda, il
più importante tra i figli fedeli di Advaita Acarya,
non ebbe discendenza seminale, e i rimanenti tre
dei sei figli di Advaita Acarya caddero dalla via
della devozione al Signore, e sono noti per
essere stati disconosciuti. In altre parole,
l'apparizione di Caitanya Mahaprabhu lasciò ben
poco spazio alla confusione che si sarebbe
potuta creare per la continuità di una cosiddetta
famiglia seminale. Il rispetto per il concetto di
discendenza seminale, che è proprio delle idee
degli smarta, non deve essere accettato da chi
in realtà comprende la verità suprema
dell'autorità vedica.
Anche altri acarya, o maestri spirituali, hanno
messo in evidenza questo punto nella loro
famiglia. Sua Divina Grazia A.C. Bhaktivedanta
Swami Prabhupada, il nostro amato maestro
spirituale e il potente autore dell'intera serie di
volumi di questo Srimad-Bhagavatam, nacque
in una famiglia di puri devoti, e fin dall'infanzia
mostrò in prima persona di possedere tutti i
segni che contraddistinguono il puro servizio
devozionale.
Infine, Srila Prabhupada venne in Occidente e
manifestò una potenza spirituale senza
precedenti, stabilendo il movimento per la
coscienza di Krsna in tutto il mondo. Nel giro di
pochi anni, tradusse più di cinquanta grossi
volumi di filosofia vedica. Dalle sue attività
pratiche possiamo certamente capire che si tratta
di un rappresentante del Signore in particolare
investito di potere. Nondimeno, i suoi stessi
familiari, pur essendo devoti di Krsna, non
arrivarono mai ad un adeguato livello di servizio
devozionale, e perciò non ricevono grande
attenzione dai componenti della ISKCON.
Secondo la loro tendenza naturale, i membri
dell'Associazione Internazionale per la Coscienza
di Krsna desidererebbero offrire ogni rispetto e
onore ai membri più diretti della famiglia di Srila
Prabhupada, ma poiché per un piano di Krsna
questi familiari non sono situati a livello del puro
servizio devozionale, i membri dell'ISKCON
possono appena prenderli in considerazione,
mentre invece offrono adorazione a coloro che
manifestano le qualità di Vaisnava molto elevati,
senza preoccuparsi della loro cosiddetta nascita.
In altre parole, la nascita non può costituire la
qualifica che rende rispettabile una persona,
anche nel caso che si tratti di una persona nata
nella famiglia del Signore o nella famiglia
dell'acarya, che dire di chi nasce in una famiglia
che sia soltanto ricca o erudita.
(Continua nel prossimo numero)















SRILA PRABHUPADA
LILAMRTA

La Biografia di un Santo del XX Secolo

di Satsvarupa dasa Gosvami

Inizia da questo numero la pubblicazione integrale della biografia di A.C. Bhaktivedanta Swami, così come presentata nel volume intitolato Srila Prabhupada Lilamrita.



La fama mondiale di Sua Divina Grazia A.C. Bhaktivedanta Swami, noto più tardi come Srila Prabhupada, gli giunse dopo il 1965 in seguito al suo arrivo in America. Prima di lasciare l'India Prabhupada aveva iniziato un discepolo; nei successivi dodici anni ne iniziò più di quattromila. Prima che lasciasse l'India, difficilmente qualcuno aveva creduto che egli potesse adempiere la sua visione di una società di devoti di Krishna a livello mondiale, ma nel decennio successivo egli avrebbe formato e mantenuto l'Associazione Internazionale per la Coscienza di Krishna e aperto più di cento centri. Prima di navigare verso l'America non era mai uscito dall'India, ma nei dodici anni successivi egli avrebbe viaggiato molte volte attorno al mondo diffondendo il Movimento per la Coscienza di Krishna.
Ciò era stato predetto dalle Scritture e grandi santi ne avevano avuto la visione. Alcuni confratelli di Srila Prabhupada avevano tentato di realizzare tale predizione: erano andati in Inghilterra, ma solo per tornare convinti che era una cosa impossibile.
Tuttavia anche se il successo spirituale di Srila Prabhupada si realizzerà più avanti, questa prima parte che copre la maggior parte del tempo della sua vita e narra come egli si preparasse a questa tardiva esplosione di attività spirituale rivoluzionaria, è la più importante. Questi primi sessantanove anni costituiscono un racconto di vita completo e drammatico e non dipendono, per essere spiegati, da nessun'altra cosa da lui in seguito realizzata.
Il padre di Abhay Charan, Gour Mohan De, preparò con cura Abhay fin dall'infanzia per la vita di puro vaisnava. Gour Mohan gli insegnava ad adorare Krishna e lo incoraggiò, appena Abhay ebbe soltanto cinque anni, nella processione del carro del Signore Jagannatha attraverso le vie di Calcutta  un piccolo festival del Ratha Yatra, il medesimo festival che Abhay più tardi in proporzioni di magnificenza avrebbe realizzato in molte città dell'Occidente. Nei suoi ultimi giorni Prabhupada era solito dire che qualunque principio egli avesse stabilito come leader del movimento Hare Krishna, lo aveva appreso nel corso della sua fanciullezza, con un'importante eccezione però  la pubblicazione e la distribuzione dei libri, attività che aveva appreso più tardi dal suo maestro spirituale.
Fu il primo incontro col suo maestro spirituale, Srila Bhaktisiddhanta Sarasvati, nel 1922, che fece convergere la futura vita di Srila Prabhupada nella meditazione sul modo di realizzare la missione di predica della coscienza di Krishna in Occidente. Dopo il primo incontro, la sua vita intera  i suoi scritti, il fatto di abbracciare il sannyasa, la pubblicazione dei suoi libri e infine la sua partenza per l'Occidente  diventarono parte della sua dedizione a realizzare l'ordine di questa più alta attività.
L'impegno di Srila Prabhupada verso la moglie e i figli e i tentativi di sviluppare la sua attività nell'industria farmaceutica possono apparire incompatibili con la determinazione indirizzata unicamente verso la diffusione della coscienza di Krishna, eppure la sua serietà nel perseguire queste responsabilità, e alla fine il modo in cui la Provvidenza gli permise di svincolarsene, si rivelano importanti nel corso della sua essenziale vita di preparazione. Nel 1950, dopo aver lasciato la responsabilità della famiglia, egli dovette affrontare ostacoli di oscurità e povertà e l'insicurezza che i tempi tumultuosi in cui viveva imponevano, ma anche la lotta per continuare la sua missione faceva parte della sua preparazione.
Alla luce delle acquisizioni spirituali senza precedenti di Srila Prabhupada sembra inevitabile che io debba dire qualcosa sul fatto che egli era investito di potere da Dio. Secondo le Scritture vediche la vita di determinati individui è parte della missione di Dio sulla Terra. In Occidente Gesù Cristo è l'esempio più noto, un figlio scelto, inviato da Dio dal mondo spirituale, e in Oriente gli scritti vedici parlano di vari avatara di Sri Visnu, incarnazioni del Signore Supremo con nomi, incarnazioni ed attività specifiche. Così, Sri Krishna a volte appare in persona, talvolta investe di potere un devoto in particolare per la Sua missione. Srila Prabhupada nel suo commento del Caitanyacaritamrta spiega a proposito delle anime potenziate da Sri Krishna.
Vi sono due categorie di esseri viventi  nityasiddha e nityabaddha. I nityasiddha non dimenticano mai la loro relazione con Krishna, mentre i nityabaddha sono condizionati fin da prima della creazione. Esse hanno dimenticato la loro relazione con Dio, la Persona Suprema. Per ordine del Supremo i nityasiddha restano nel mondo materiale come uomini comuni, ma il loro compito consiste nel diffondere le glorie del Signore. Tutti i nityasiddha appaiono nel mondo materiale per lavorare duramente come uomini ordinari, ma non dimenticano mai la loro posizione di servitori del Signore.
Per determinare se una persona è investita di potere da Dio, la principale considerazione è la qualità del suo lavoro. Nella Caitanya-caritamrta lo studioso Vallabha dice a Sri Caitanya: "Il fatto che tu abbia diffuso la coscienza di Krishna in tutto il mondo prova che tu possiedi la krishnasakti, il potere trascendentale che proviene da Sri Krishna."
Dopo la dipartita di Srila Prabhupada nel 1977, il suo confratello più anziano B.R. Sridhara Maharaja citò questo stesso verso della krishna-sakti e lo applicò a Prabhupada: a meno che egli non fosse potenziato da Krishna, non avrebbe potuto diffondere la coscienza di Krishna come fece.
Quando consideriamo l'identità di Srila Prabhupada come rappresentante di Krishna investito di potere, gli anni della lotta descritti in questa parte assumono una particolare dolcezza. Questi anni rivelano eventi poco noti della vita di una persona che era sempre assorta nel ricordo devozionale di Krishna. Sebbene si dibattesse tra molte avversità, le sue lotte non erano quelle di un uomo comune perché egli viveva soltanto per adempiere la volontà del guru e di Krishna.
Io invito il lettore a gustare il racconto della vera vita umana di Srila Prabhupada.
Questa opera ha inizio a Calcutta nel 1896 con la descrizione degli eventi susseguenti la nascita di Abhay Caran De.







Srila Prabhupada
Lilamrita

Capitolo Uno: "L'infanzia"

Dormivamo e nostro padre celebrava l'arati.
Ding, ding, ding, noi ascoltavamo la campanella, ci svegliavamo e lo vedevamo inchinarsi davanti a Krishna.
 Srila Prabhupada

Era Janmastami, la ricorrenza annuale dell'avvento di Sri Krishna, avvenuta circa cinquemila anni prima. I residenti di Calcutta, in gran parte bengali e altri indiani, ma anche numerosi musulmani e persone di nazionalità inglese, festeggiavano questo giorno spostandosi qua e là attraverso le strade cittadine per visitare i templi di Sri Krishna. I pii vaisnava digiunavano fino a mezzanotte, cantavano Hare Krishna e ascoltavano il racconto delle attività relative alla nascita di Krishna, fatto attraverso lo SrimadBhagavatam. Essi continuavano l'adorazione durante la notte digiunando e cantando.
Il giorno successivo (1 settembre 1896), in una piccola casa situata nel Tollygunge, un sobborgo di Calcutta, era nato un bambino. Poiché era nato nel giorno di Nandotsava, il giorno in cui il padre di Krishna, Nanda Maharaja, festeggiava la nascita di Krishna, al bambino fu attribuito da uno zio il nome di Nandulal. Suo padre, però, Gour Mohan De, e sua madre, Rajani, lo chiamarono Abhay Charan, "colui che è libero dalla paura perché ha preso rifugio ai piedi di loto di Krishna".
Secondo la tradizione del Bengala, la madre era andata a casa dei genitori per il parto, e fu per questa ragione che Abhay Charan nacque sotto un albero di jackfruit sull'argine dell'Adi Ganga, a poche miglia dalla casa del padre, in una piccola casa di fango di sole due stanze che aveva il tetto di tegole. Pochi giorni dopo Abhay andò con i genitori nella loro casa situata al numero 151 di Harrison Road. Un astrologo fece l'oroscopo del bambino e leggendolo i genitori furono molto felici perché esso era pieno di buoni auspici. L'astrologo aveva fatto una predizione specifica: all'età di settant'anni questo bambino avrebbe attraversato l'oceano, sarebbe diventato una grande personalità religiosa e avrebbe aperto 108 templi.
Abhay Charan De nacque nel periodo in cui l'India era dominata dal regime vittoriano. Calcutta era la capitale dell'India, la sede del viceré (il conte di Elgin Kincardine) ed era la seconda città dell'impero britannico. Europei e Indiani vivevano separati, benché si mescolassero per quanto riguardava gli affari e le istituzioni educative. Gli Inglesi vivevano per la maggior parte al centro di Calcutta, in bei palazzi europei, fra i teatri e i campi di cricket a loro riservati. Gli Indiani vivevano per lo più al nord di Calcutta.
Qui gli uomini indossavano il dhoti e le donne il sari, e benché fossero fedeli alla corona britannica, seguivano le loro tradizioni religiose e culturali.
La casa di Abhay al numero 151 di Harrison Road era situata a nord di Calcutta. Il padre di Abhay, Gour Mohan De, era un mercante di tessuti di medio reddito, e apparteneva alla comunità aristocratica mercantile dei suvarna-vanik. Era però imparentato con la ricca famiglia Mullik che per centinaia di anni aveva commerciato in oro e sale con gli Inglesi. Originariamente i Mullik erano discendenti della famiglia De, una dinastia (gotra) che risale all'antico saggio Gautama; ma durante il periodo Mogul dell'India prebritannica, un governatore musulmano aveva conferito il titolo di Mullik ("signore") a un ricco e influente ramo della famiglia De. In seguito, dopo alcune generazioni, una figlia dei De si era unita in matrimonio con un Mullik, e le due famiglie erano rimaste da quel tempo molto legate.
Un intero isolato di costruzioni sui due lati della Harrison Road apparteneva a Lokanath Mullik, e la famiglia di Gour Mohan viveva in poche stanze di una costruzione a tre piani, all'interno della proprietà dei Mullik.
Sull'altro lato della strada, di fronte alla residenza De, vi era un tempio di RadhaGovinda, dove l'adorazione di RadhaKrishna era stata mantenuta dai Mullik per centocinquant'anni. I proventi di alcuni negozi di proprietà della famiglia Mullik assicuravano il mantenimento delle Divinità e dei sacerdoti addetti all'adorazione.
Ogni giorno prima della colazione, i componenti della famiglia Mullik visitavano il tempio per vedere le Divinità di RadhaGovinda. Offrivano riso cotto, kacauri e verdure su un ampio piatto, e distribuivano il prasadam, offerto alle Divinità il mattino, agli abitanti del vicinato che venivano a visitare il tempio.
Tra i visitatori giornalieri si annoverava Abhay Charan, accompagnato dal padre, dalla madre o dal servitore.
Srila Prabhupada: Avevo l'abitudine di salire sulla medesima carrozzella con Siddhesvar Mullik. Egli mi chiamava abitualmente Moti ("perla") e il suo soprannome era Subidhi. Il servitore ci spingeva entrambi. Se un giorno questo amico non mi avesse visto, sarebbe diventato matto. Lui non voleva stare sulla carrozzella senza di me. Non voleva separarsi neanche per un momento.

* * *

Mentre il servitore spingeva la carrozzina nella spaziosa Harrison Road, regolando con attenzione il suo passaggio tra le biciclette e le vetture a cavalli, i due bambini seduti guardavano il cielo chiaro e gli alti alberi lungo la strada. I suoni e la vista delle vetture con le loro ampie ruote che avanzavano sul selciato attraevano l'attenzione incantata dei due bambini; il servitore guidava il veicolo verso le porte ad arco, entro il muro di arenaria rossa che delimitava il tempio di Radha-Govinda e mentre Abhay e il suo amico correvano attraverso l'arco ornato di bronzo e nel cortile, guardavano in alto i due leoni di pietra, araldi e protettori del composito tempio che si stendeva a destra.
Nel cortile c'era un viale circolare e sul prato ovale si ergevano lampade a gas e la statua di una giovane donna vestita. Sui cespugli e sugli alberi svolazzavano i passerotti che cinguettavano acutamente, o saltellavano sull'erba indugiandosi a beccare qua e là, mentre in coro i piccioni tubavano e talvolta battevano all'improvviso le ali verso l'alto veleggiando da un ramo all'altro o planando verso il cortile.
Le voci vibravano mentre i Bengalesi si muovevano intorno vestiti di semplici sari di cotone e di dhoti bianchi. Alcuni sostavano per ammirare i ragazzi dalla pelle dorata con i loro splendenti occhi neri, ma la maggior parte delle persone passava celermente ed entrava nel tempio.
I pesanti portali del cortile interno erano aperti, e il servitore sollevava il veicolo a ruote sugli alti gradini e avanzava lungo il ridotto; poi, scendendo un altro gradino arrivava nella chiara luce del sole del cortile principale. Si trovavano così di fronte alla statua di pietra di Garuda, appollaiato su una colonna a quattro piedi. Questo trasportatore di Visnu, Garuda, mezzo uomo e mezzo uccello, appoggiato su un ginocchio, aveva le mani giunte in preghiera, il becco d'aquila ricurvo e le ali bilanciate dietro di sé. Il veicolo proseguiva, mentre due servitori pulivano e lavavano il cortile di pietra. Solo pochi passi separavano il cortile dal tempio.
L'area del tempio, aperta come un padiglione, era costituita da una piattaforma rialzata, coperta da un tetto di pietra sostenuto da pilastri alti cinque metri. A sinistra del padiglione del tempio, in fondo, c'era una folla di persone in adorazione dinnanzi all'altare. Il servitore portava la carrozzina più vicino, sollevava i due bambini, e poi, tenendoli per mano, li scortava con reverenza davanti alle Divinità.
Srila Prabhupada: Ricordo che mi soffermavo presso l'arco delle porte del tempio di RadhaGovinda mentre rivolgevo preghiere alla murti di RadhaGovinda. Sarei restato a contemplare per ore intere. Le murti erano così belle, con i Loro occhi a mandorla.
Radha e Govinda, dopo essere stati lavati e vestiti, ora stavano sui Loro troni d'argento, circondati da vasi di fiori profumati.
Govinda era alto circa cinquanta centimetri, e Radharani, in piedi alla Sua sinistra, era leggermente più piccola. Erano entrambi d'oro. Sia Radha sia Govinda Si curvavano con grazia in un movimento di danza, la gamba destra piegata al ginocchio e il piede destro davanti al sinistro. Radharani, vestita di un luminoso sari di seta, aveva la rossa palma destra sollevata in un gesto benedicente, e Krishna, in corsetto e dhoti di seta, suonava un flauto dorato.
Ai piedi di loto di Govinda si distinguevano foglie verdi di tulasi e polpa di sandalo. Al collo delle Loro Signorie pendevano lunghe ghirlande che sfioravano i Loro piedi di loto, fatte di profumati gelsomini sbocciati di notte, mentre delicati fiori tubolari si posavano leggermente sulle forme divine di Radha e Krishna. Le Loro collane d'oro, le perle e i diamanti scintillavano. Radharani era adorna di bracciali d'oro. Lei e Krishna portavano attorno alle spalle cadar di seta ricamati d'oro. I fiori che ornavano le mani e i capelli di Radha e Krishna erano piccoli e delicati, e le corone d'argento sul Loro capo erano ornate di gemme. Essi sorridevano lievemente. Vestiti con tanta cura e danzando sul Loro trono d'argento, sotto un baldacchino argenteo e circondati di fiori, Essi apparivano molto attraenti ad Abhay.
La vita fuori, sulla Harrison Road e al di là, era dimenticata. Nel cortile gli uccelli continuavano il loro cinguettio e i visitatori andavano e venivano, ma Abhay restava in silenzio assorto in contemplazione dinanzi alle bellissime forme di Krishna e Radha, il Signore Supremo e la Sua eterna compagna. Allora il kirtana aveva inizio, i devoti cantavano e suonavano tamburi e karatala. Abhay e il suo amico si fermavano a osservare il pujari che offriva l'incenso, guardavano le sue volute sospese nell'aria, poi la fiamma, una conchiglia, un fazzoletto, fiori, un piumino e un ventaglio di piume di pavone. Infine il pujari faceva risuonare profondamente la conchiglia, e la cerimonia dell'arati era finita.

* * *

All'età di un anno e mezzo Abhay si ammalò di febbre tifoide. Il medico di famiglia, il dottor Bose, gli prescrisse brodo di pollo.
"No", protestò Mohan De, "non lo permetterò."
"Si, altrimenti morirà."
"Ma noi non mangiamo carne", Gour Mohan protestò, "non possiamo cucinare il pollo nella nostra cucina."
"Non importa", disse il dottor Bose, "lo preparerò a casa mia e lo porterò in una brocca, così dovrai soltanto..."
Gour Mohan assentì. "Se ciò è necessario per la vita di mio figlio." Così il dottore tornò con il suo brodo di pollo e lo offrì ad Abhay, il quale immediatamente cominciò a vomitare.
"Va bene", ammise il dottore, "non importa, non funziona." Allora Gour Mohan buttò via il brodo e a poco a poco Abhay si riprese dal tifo senza dover mangiare carne.
Sul tetto della casa della nonna materna di Abhay c'era un piccolo giardino di fiori, una serra e degli alberi. Con gli altri nipoti Abhay, che aveva due anni, si divertiva a innaffiare le piante con un innaffiatoio. Ma la sua particolare tendenza consisteva nel sedersi tra le piante. Avrebbe voluto trovare un bel cespuglio e preparare un luogo per sedersi.
(Continua sul prossimo numero)















MAESTRI IN CUCINA

Il Riso,
colorato, leggero, saporito,
da cucinare in mille modi diversi

di Kurma dasa

Piatto di base della cucina orientale, il riso, riveste per molti di noi un misero sostituto alla pasta, acclamato piatto nazionale, ma la sua versatilità e la sua leggerezza gli fanno meritare un posto speciale anche sulla nostra tavola. In questo numero, per voi, tre ricette stuzzicanti dal sapore orientale per vestire il riso di magici aromi.



Riso ai semi di papavero

Preparazione: 5 minuti
Cottura: 2530 minuti

Ingredienti per 23 persone
1 tazza di riso basmati o di un altro riso bianco a grani
lunghi
2 tazze di acqua (l'acqua deve sempre essere di volume doppio del riso)
1 cucchiaino di succo di limone
2 cucchiai di ghi o di burro
1 cucchiaino e 1/2 di semi di papavero
sale a piacere

1. Lavate, scolate e asciugate il riso.

2. Fate bollire l'acqua a fuoco moderato con il succo di limone e il sale in una casseruola che va tenuta coperta per evitare che fuoriesca il vapore.

3. Riscaldate a fuoco basso il ghi in una casseruola da 2 l. Quando il ghi è molto caldo aggiungete i semi di papavero e fateli soffriggere finché non sprigionano il loro aroma. Unite il riso e fate soffriggere per un minuto.

4. Aggiungete l'acqua che avete precedentemente portato a bollore, salate e alzate il fuoco al massimo per qualche secondo fino a che tutto ha ripreso a bollire. Proseguite poi a fuoco moderato mantenendo la pentola ben coperta, senza mai mescolare o alzare il coperchio, per circa 15 minuti finché il riso risulterà tenero e asciutto. Spegnete il fuoco, lasciate riposare il riso per altri 5 minuti e servite.







Riso con piselli e mandorle

Preparazione: 5 minuti
Cottura: 3040 minuti

Ingredienti per 23 persone:
1 tazza di riso basmati oppure di un altro riso bianco a grani lunghi
4 bacche di cardamomo verde
2 tazze di acqua
1 cucchiaino di curcuma
3 cucchiai di ghi o di burro
1 bastoncino di cannella
6 chiodi di garofano
50 g di mandorle in scaglie
200 g di piselli freschi o surgelati
sale a piacere

1. Lavate, scolate, asciugate il riso.

2. Schiacciate leggermente le bacche di cardamomo.

3. Portate ad ebollizione in un casseruola l'acqua con il sale e la curcuma.

4. Soffriggete nel ghi bollente il bastoncino di cannella, i chiodi di garofano, le bacche di cardamomo schiacciate e le mandorle finché hanno preso un bel colore dorato.

5. Aggiungete il riso e rosolatelo per 2 minuti. Versatelo, poi, nell'acqua salata alla quale avete aggiunto la curcuma. Aggiungete i piselli freschi (quelli surgelati vanno aggiunti al riso dopo dieci minuti di cottura). Rimescolate e alzate la fiamma fino all'ebollizione. Abbassate la fiamma, coprite ermeticamente, senza rimescolare, e lasciate cuocere per circa 15 minuti fino al completo assorbimento dell'acqua. Servite caldo.







Riso saltato alla cantonese

Preparazione e cottura: 30 minuti

Ingredienti per 4 persone:

2 tazze di riso a grani lunghi cotto il giorno prima senza sale, scolato e raffreddato
4 cucchiai di olio di sesamo
1 cucchiaino di zenzero fresco sminuzzato
1/2 cucchiaino di asafetida gialla in polvere
1 piccola carota tagliata a julienne
1/4 di tazza di sedano affettato fine
1/4 di tazza di cavolo tagliato fine
1/4 di tazza di cetriolo tagliato a julienne
2 cucchiai di germogli di bambù tagliati a julienne
1/4 tazza di peperone rosso tagliato a julienne
1/4 di tazza di piselli cotti
1/4 di tazza di germogli di soia
1/4 di tazza di tofu sbriciolato
3 cucchiai di salsa di soia
2 cucchiaini di olio al peperoncino
sale & pepe

1. Riscaldate un cucchiaio di olio di sesamo in un wok (padella tipica indiana per fritture) a fuoco moderato. Soffriggete per un minuto nell'olio caldo lo zenzero sminuzzato, aggiungete l'asafetida e soffriggete ancora per un attimo. Alzate la fiamma e aggiungete le carote, il sedano, il cavolo e fate saltare per 23 minuti. Aggiungete poi il cetriolo, i germogli di bambù, il peperone rosso, i piselli e i germogli di soia e fate saltare per un minuto.

2. Versate il contenuto del wok in un altro recipiente, copritelo e lavate il wok.

3. Dopo aver ben asciugato il wok, riscaldate l'olio di sesamo rimasto e soffriggete il riso freddo su fiamma viva. Aggiungete le verdure e servite subito.















Nuovo!

Da oggi le più succulente e piacevoli ricette della
cucina vegetariana sono 'appetitosamente'
disponibili in una elegante versione Video.
Questo corso di cucina in formato video è abbinato
a un reportage sui vari centri Hare Krishna in
Italia, e ad una sequenza biografica sul fondatore
del Movimento, Srila Prabhupada. Approfittate
dell'occasione lasciandovi rapire dal fascino
di questa antica tradizione.

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I DIALOGHI DI SRILA PRABHUPADA

..io penso che Dio sia...

Dialogo tratto da una conversazione che si svolse a Parigi il 15 giugno 1974

Srila Prabhupada: Quindi c'è un solo sentiero: arrendersi a Dio. Siete d'accordo?
Studente: Penso che ogni persona debba trovare il suo metodo.
Srila Prabhupada: No, no. Sei d'accordo col principio che Dio è grande e noi Gli siamo subordinati?
Studente: Il mio principio è la luce: c'è solo luce. Se qualcuno desidera chiamarla Dio, può chiamarla Dio. Dio, per me, è solo una parola. Una parola che nessuno può comprendere.
Srila Prabhupada: Prova a comprendere.
Studente: Io comprendo la luce.
Srila Prabhupada: No. No, tu credi di comprendere Dio o la verità suprema. Tu affermi: 'Dio è una parola'. Ciò significa che tu pensi di comprendere la verità assoluta o Dio.
Studente: No.
Srila Prabhupada: Allora perché dici: 'Dio è una parola?'
Studente: Dico che Dio è solo una parola ed è per questo che non posso parlare di Dio, perché è una parola e non può essere spiegata.
Srila Prabhupada: Ma tu stai usando parole e ti stai spiegando. Perché dici queste cose contraddittorie?
Studente: No. Dico che non posso parlare di Dio perché Dio è una parola.
Srila Prabhupada: Ora stai dicendo che non sai chi è Dio. Prima di tutto, accetta di non sapere.
Studente: E' luce. Io parlo di luce.
Srila Prabhupada: Nuovamente dici di conoscere Dio. Affermi entrambe le cose: di non sapere e di sapere. A volte dici che non sai, a volte dici che sai.
Studente: No, no, no.
Srila Prabhupada: Si.
Devoto: Si. E alla fine dici che lo sai. Hai deciso che Dio o la verità assoluta è soltanto luce. Quindi quando dici: 'Tutto è luce' in realtà tu pretendi di conoscere Dio definendoLo.
Studente (tenendo le mani sul cuore): Credo in quello che sento e questo per me è Dio.
Srila Prabhupada: Ciò significa che in altri momenti, quando provi qualcos'altro, quell'altro è Dio.
Studente (mantenendo le mani sul cuore): Sento che la luce è qui.
Srila Prabhupada: Puoi sentire la luce ovunque.
Studente: La luce è questo tavolo, questo pavimento. La luce è ogni cosa.
Srila Prabhupada: Va bene. Allora perché dici di non conoscere Dio? Tu conosci Dio: nel Suo aspetto preliminare, come luce onnipervadente.
Studente: Perché per me Dio è soltanto una parola. Come si può spiegare Dio con una parola? Chi è Dio? Spiegami chi è Dio. Se mi saprai spiegare chi è Dio, lo apprezzerò.
Srila Prabhupada (al discepolo): Va a prenderlo. (E poi, rivolgendosi allo studente) Va con lui e ti spiegherà. Per favore.
Studente: Lui non può spiegarmelo.
Srila Prabhupada: Ma tu sai tutto. Cosa posso spiegarti? Tu sai tutto. (Lo studente se ne va).
Madame Devi: Tua Divina Grazia, ci sono alcune qualità che rendono alcuni più ricettivi verso il divino e altri meno?
Srila Prabhupada: Si. L'ho spiegato: sattvaguna, rajoguna, tamoguna, le influenze della virtù, della passione e dell'ignoranza. Chi è situato in virtù può comprendere il divino molto facilmente. Chi è situato in passione ha delle difficoltà. E chi è coperto dall'ignoranza non può comprendere.
Madame Devi: Questo grado di copertura dipende dal proprio corpo fisico? E' questione di ormoni o di costituzione chimica del corpo se una persona è più ignorante di un'altra?
Srila Prabhupada: Essere 'ricoperti' significa avere il cuore coperto di sporcizia. Tutto qui. Proprio come il sole è coperto dalle nuvole.
Madame Devi: Quindi ripetendo il mantra, il nome di Dio, il cuore diventa più...
Srila Prabhupada: Ci si purifica.
Devoto: Srila Prabhupada, tu spesso dai l'esempio che il cuore è uno specchio. E più lucidiamo lo specchio cantando i nomi di Krsna, più ci illuminiamo.
Madame Devi: Perciò dobbiamo ripetere il nome di Dio ogni giorno, molte volte.
Srila Prabhupada: Hmm. Si.
Madame Devi: Tua Divina Grazia, vorrei sapere qualcosa sul problema della morte: cosa succede al momento della morte.
Srila Prabhupada: Sì, è necessario prepararsi. Proprio come in un sogno pensiamo a quanto abbiamo fatto prima similmente prepariamo la nostra condizione mentale al momento della morte a seconda di ciò che facciamo quotidianamente.
Madame Devi: Capisco. Ed è vero? in un certo senso, che i nostri pensieri sono più importanti delle nostre azioni?
Srila Prabhupada: Sì. I pensieri sono le nostre azioni sottili.
Madame Devi: Quindi, in altre parole, i nostri pensieri cominciano con l'azione e la determinano anche?
Srila Prabhupada: Si. Perciò noi presentiamo pensieri dai testi vedici autorizzati che vanno oltre ai pensieri attuali. Per esempio, lo Srimad-Bhagavatam descrive il Signore Buddha, nella sua giovinezza, che vedendo delle persone anziane pensò: 'Da vecchio sarò anch'io storpio a quel modo? Diventerò così anch'io? No. Che senso ha?' Poi cominciò a meditare così da poter sfuggire al mondo materiale, questo ciclo di vecchiaia, malattia, morte e rinascita. Studiando i Veda, comprese che a causa del cattivo karma si diventa soggetti alle tribolazioni materiali. E la maggior parte del cattivo karma, il Buddha pensò, è causato dalla nostra malizia cominciando dalla nostra abitudine di uccidere gli animali. Così volle metter fine a questo costume di uccidere animali. Questo è il primo insegnamento del Buddha. Sadayahrdaya darsitapasughatam 'basta con l'uccisione di animali'.
Discepolo: Srila Prabhupada, se ti ricordi, qui a Parigi lo scorso anni venne una persona ad incontrarti, il presidente della Corte di Parigi. Si considerava un buddista eppure ti disse: 'Con il clima indiano, forse potrà andar bene non mangiare carne. Ma con il clima occidentale, dobbiamo mangiare carne.'
Srila Prabhupada: Cose da mascalzoni. Egli è un mascalzone di prima classe. Perciò si può concludere che questi leader religiosi e sociali sono dei mascalzoni. Se vogliono essere salvati dalla loro posizione di mascalzoni, c'è un solo modo. La Coscienza di Krsna. Si deve coltivare una genuina coscienza di Dio. Loro sono atmahana (uccisori dell'anima). Atmahana significa 'uccisori del proprio sé'. Suicidio. Se ti tagli la gola, chi ti può salvare? Quindi questi così detti seguaci di Gesù o del Buddha, che in realtà non seguono, sono dei mascalzoni. Non odiamo nessuno. Vogliamo sollevarli. Ma in realtà sono tutti dei mascalzoni.















DVARAKA

La meravigliosa città di Krsna

Dall'osservare la graziosa cittadina che si stende su un piccolo lembo della costa del Gujarat non si può certo immaginare cosa nasconde il suo passato, quando circa cinquemila anni fa Krsna, il Signore Supremo, costruì la Sua maestosa capitale.
Lo SrimadBhagavatam ci racconta che Krsna, nel ruolo dell'illustre discendente della dinastia Yadu, per proteggere la Sua famiglia e i Suoi sudditi dai continui attacchi del re Jarasandha, decise di costruire una
fortezza inespugnabile in un
luogo che non potesse essere
raggiunto da alcun uomo o
asura.

Il progetto e la costruzione di questa favolosa
opera furono affidati a Visvakarma, l'architetto degli Dei, l'unico in grado di costruire una tale fortezza.
Prima di tutto Krsna fece innalzare nell'oceano una possente muraglia che racchiudeva una superficie di 249 km quadrati nella quale fece, in seguito, costruire la Sua città.

Dvaraka è descritta come una città splendida nella quale tutta una serie di viali, di strade e di vicoli si
intersecavano armoniosamente,
con giardini ricchi dei fiori e delle
piante più rare dai colori stupendi.
Chiari specchi d'acqua coperti di
ninfee e fiori di loto ospitavano
grandi cigni bianchi e belle gru
dalla voce melodiosa. La città contava novecentomila grandi palazzi
tutti costruiti col marmo più fine. I
cancelli e le porte erano d'argento
e d'oro massiccio e le colonne
erano incastonate di pietre preziose come zaffiri e smeraldi. Case,
templi ed edifici pubblici si susseguivano diversi nello stile architettonico ma tutti ugualmente belli.
Magnifici gopura, o portali di
squisito gusto artistico, che
ancora oggi si possono
ammirare nei maggiori
templi, accrescevano la
ricchezza di questa
fortezza inespugnabile, famosa per i
suoi maestosi
palazzi che si
innalzavano fino
a toccare il cielo.
Sui portali dei
palazzi troneggiavano grandi
anfore d'oro
piene d'acqua
poste lassù in
segno di buon
augurio. I
pavimenti dei
palazzi erano
decorati con
mosaici di pietre preziose.

La città era divisa in quattro quartieri, ciascuno dei quali ospitava uno dei quattro varna: brahmana, ksatriya, vaisya e sudra. Al centro della città si ergeva il palazzo del re Ugrasena. E' detto che vi fosse anche uno splendido palazzo per le assemblee chiamato Sudharma, offerto alla città dagli esseri celesti, il quale aveva la caratteristica di liberare chiunque vi entrasse dalla sofferenza e dalla morte.
Ultimata la costruzione della città, Krsna vi fece entrare tutti gli abitanti di Mathura, affidando a Suo fratello Balarama il ruolo di padre dalla città.
Lo SrimadBhagavatam ci racconta che Krsna viveva a Dvaraka simultaneamente con tutte le Sue sedicimilacentotto spose le quali possedevano ognuna un palazzo diverso. Un giorno il saggio Narada, curioso di sapere come Krsna vivesse con tutte quelle spose, decise di visitare le dimore del Signore. Il saggio fu grandemente impressionato dalla maestosità e dalla ricchezza di questa città, nella quale Krsna possedeva così tanti palazzi, dove i re e i principi di tutto il mondo venivano a farGli visita per adorarlo.
Narada Muni entrò in uno dei sedicimila palazzi e rimase esterrefatto dalla maestosità del luogo: le colonne erano di corallo, i soffitti erano ornati di pietre preziose e i muri e gli archi erano incastonati di zaffiri scintillanti. I seggi e i mobili erano d'avorio decorati con oro e brillanti che scintillavano sotto le mille luci delle lampade anch'esse di pietre preziose. Narada vide Sri Krsna seduto e accanto a Lui, Rukmini Devi, la signora di quel palazzo Lo sventagliava con un camara. Sebbene ci fossero migliaia di ancelle, Rukmini Devi sventagliava Sri Krsna personalmente, il Quale, sebbene fosse adorato dallo stesso Narada, appena vide il grande saggio sulla soglia del palazzo lasciò immediatamente il divano e rimase in piedi per onorarlo. Sri Krsna, il maestro dell'universo, per insegnare a tutti come rispettare un Santo come Narada Muni, Si prosternò al suolo toccando i suoi piedi. Sri Krsna è Dio, la Persona Suprema adorato da tutti i Suoi devoti. Le acque del Gange che sgorgano dai Suoi piedi santificano i tre mondi. Però, siccome a Dvaraka Egli interpretava la parte dell'essere umano perfetto, Narada non sollevò obiezioni quando Egli gli lavò i piedi e versò un po' di quell'acqua sulla Sua testa, perché sapeva che Krsna stava agendo in quel modo per insegnare a tutti il rispetto verso le persone sante.
Dopo essere stato accolto con parole dolci ed essersi intrattenuto in compagnia del Signore, Narada Muni col desiderio di vedere in opera l'energia interna di Krsna, lasciò il palazzo di Rukmini Devi per entrare in quello di un'altra regina. Là vide Sri Krsna che, in compagnia della Sua cara sposa, giocava a scacchi con Uddhava. Subito Krsna Si alzò per accogliere il Saggio e la scena si ripeté come nel palazzo di Rukmini Devi sebbene Krsna Si comportò come se l'ignorasse. Stupefatto Narada Muni lasciò la reggia. Entrato in un'altro palazzo il saggio vide Krsna che giocava con i Suoi figli come un padre affettuoso, in un'altro ancora vide il Signore che Si preparava a fare il bagno e in un altro ancora trovò Krsna intento a offrire oblazioni nel fuoco del sacrificio. In questo modo Narada visitò tutti i sedicimila palazzi di Krsna e in ciascuno di essi trovò il Signore occupato in attività differenti. Narada poté vedere un solo Krsna che, grazie alla Sua energia inconcepibile, viveva in sedicimila palazzi attraverso le Sue emanazioni plenarie. Sri Krsna gode di una potenza illimitata e Narada non finiva di stupirsi davanti alle ripetute dimostrazioni della Sua energia interna. Nessuno può imitare Krsna e questo racconto ce lo dimostra chiaramente, se però vogliamo diventare dei capifamiglia esemplari, possiamo seguire l'esempio delle Sue attività.
Sebbene Sri Krsna trascorreva la notte con ognuna delle Sue sedicimila spose Si alzava molto presto la mattina: tre ore prima dell'alba, quando il gallo, col suo canto, annunciava l'ora del brahma-muhurta. Al canto del gallo, il Signore Si alzava, con grande dispiacere delle Sue spose, le quali, erano così attaccate a Lui, da maledire quel canto che segnava la fine dei loro abbracci. Appena alzato Sri Krsna Si lavava la bocca, le mani e i piedi e subito Si sedeva a meditare su Se stesso. Ciò non significa che anche noi dobbiamo meditare su noi stessi, facendo ciò Krsna voleva insegnarci che l'ora del brahma-muhurta deve essere spesa meditando su Krsna.
Dopo la Sua meditazione il Signore non mancava mai di fare un bagno e di indossare abiti freschi. In seguito compiva le Sue attività religiose, prima fra tutte quella di offrire oblazioni nel fuoco del sacrificio e di cantare in silenzio il mantra Gayatri. Poi offriva preghiere al deva del Sole.
E' dovere del grhastha offrire omaggi ai deva, ai saggi e agli antenati e, sebbene il Signore non abbia alcun particolare dovere da compiere, agiva ugualmente come uomo comune esemplare. Suo dovere successivo era quello di offrire mucche in carità ai brahmana. Sri Krsna regalava ogni giorno non meno di tredicimila mucche, ognuna delle quali era decorata con della seta, con una collana di perle e aveva le corna dorate e gli zoccoli ricoperti d'argento.
Ogni giorno molti brahmana andavano a farGli visita prima di colazione; Essi Lo attendevano con ansia ed Egli li riceveva tutti. Successivamente il Signore S'impegnava a soddisfare tutti coloro che si appellavano a Lui, senza contare a quale varna appartenessero: appagava i loro desideri e li rendeva felici, traendo dalla loro felicità grande soddisfazione. In seguito il Signore ridistribuiva tutte le ghirlande di fiori, le noci di betel e la polpa di sandalo che gli erano stati offerti, dapprima ai brahmana e agli anziani della famiglia poi alle regine e ai ministri, tenendo per Sé soltanto ciò che rimaneva. Dopo aver adempiuto a questi doveri giornalieri, il Signore, Si preparava a lasciare il palazzo sul Suo carro guidato da Daruka. Accompagnato da Uddhava e Satyaki Sri Krsna Si sedeva sul Suo carro, e come il deva del Sole che all'alba appare all'orizzonte in tutto il suo meraviglioso splendore, Egli, rispondendo ai saluti delle regine, Si dirigeva verso il palazzo delle assemblee, chiamato Sudharma. Come abbiamo detto in precedenza, questo palazzo, che proveniva dai pianeti celesti, aveva la particolarità di liberare chiunque vi entrasse dalle sei forme di sofferenza: la fame, la sete, l'afflizione, l'illusione, la vecchiaia e la morte. L'energia materiale non agiva sulle persone fintanto che si intrattenevano all'interno del palazzo Sudharma.

Dopo aver salutato le Sue sedicimila spose, nei Suoi sedicimila palazzi, il Signore tornava ad assumere un'unica forma e in processione entrava nel palazzo Sudharma insieme agli altri componenti della famiglia Yadu. In mezzo agli eroi della dinastia Yadu, Krsna somigliava alla luna in un cielo punteggiato di stelle. Nel palazzo delle assemblee il Signore amministrava il Suo regno, conduceva gli affari di stato e Si consultava con i Suoi ministri, governando uno dei regni più fiorenti dell'età vedica.
Come abbiamo visto, secondo le scritture vediche, Sri Krsna regnò in modo perfetto su una Dvaraka imponente e maestosa, ricca e inespugnabile. Così magnifiche sono le descrizioni che la riguardano che, prima delle recenti scoperte archeologiche, molti si rifiutavano di credere all'esistenza di questa dimora del Signore sulla Terra. Esperti ricercatori subacquei, utilizzando strumenti sofisticati come il sonar a scandaglio, hanno localizzato resti di strutture templari profondamente incastrate sott'acqua all'entrata del vecchio porto di Dvaraka e hanno riportato alla luce delle lucide ceramiche rosse. Gli archeologi, dopo studi accurati, hanno concluso che questi resti possono essere fatti risalire al periodo della civiltà di Harappa, intorno al 3000 a.C., e questo potrebbe essere avvenuto in corrispondenza con la fine dello svolgersi delle attività di Krsna sulla Terra. Il risultato degli studi archeologici sembra suggerire che il forte di Dvaraka fu inghiottito dal Mare Arabico tra il 1500 e il 1300 a.C., sebbene molti studiosi siano convinti che questi resti risalgano a tempi antecedenti. A sostenere questa tesi, le Scritture vediche confermano che il regno di Krsna fiorì non meno di 5000 anni fa.
I ritrovamenti continuano a superare ampiamente le aspettative dei ricercatori. Fino ad ora, nella suddetta area, sono state identificate cinque città, tutte databili e risalenti ai tempi di Krsna. L'ultimo ritrovamento è stato identificato come il nucleo centrale della città che fu costruito su un isola e che occupa la superficie di 96 miglia quadrate. A terra gli archeologi hanno dissotterrato l'intera struttura di un tempio situato al di sotto dell'odierno tempio di Dvaraka antico di duemila anni, il quale include una sala che si pensa risalga ai tempi di Krsna. Tra i ritrovamenti che sono stati portati alla luce troviamo delle colonne scolpite e figure intagliate di esseri celesti del tutto simili alle decorazioni dell'attuale tempio.
Le ricerche stanno mettendo in luce particolari sempre più significativi provando che la fortezza di Dvaraka non è solo mitologia per chi ha voglia di credervi ma realtà storica.















MAHA-BHARATA

Il più grande trattato epico della Storia
compilato in lingua sanscrita

Tradotto dal sanscrito da Hrdayananda Gosvami,
e reso in lingua italiana dallo staff del Centro Studi Bhaktivedanta
coordinato da Matsya Avatara Dasa



Prosegue la pubblicazione dell'Adiparva del Maha-Bharata. In questo numero vengono riportati i capitoli dal XII al XVI.



Ruru chiese:

"Migliore dei nati due volte, come fece re Janamejaya a uccidere i serpenti e perché lo fece? Dimmi anche per quale ragione il brahmana Astika salvò i serpenti. Voglio ascoltare l'intera storia."
Il saggio rispose: "Ruru, potrai sentire tutta la grande storia di Astika dai brahmana che l'hanno narrata."
Suta Gosvami proseguì:

"Detto ciò il saggio scomparve. Ansioso di ritrovarlo, Ruru percorse tutta la foresta in cerca di lui finché, esausto, cadde a terra e si addormentò. Risvegliatosi, tornò a casa e narrò l'accaduto a suo padre chiedendogli una spiegazione. Il padre di Ruru, richiesto dal figlio, espose l'intera storia."







Capitolo 13


Saunaka disse:

Ti prego dimmi, perché quella tigre di re, Maharaja Janamejaya, cercò di uccidere tutti i serpenti nel sacrificio e perché quell'eccellente cantore di mantra, Astika, il migliore dei nati due volte, liberò i serpenti dal fuoco del sacrificio? Di chi era figlio il re che officiò il sacrificio dei serpenti? E dimmi, per favore, di chi era figlio Astika, il migliore dei nati due volte?"
Suta Gosvami rispose:

"Migliore degli oratori, ascolta da me la grande storia di Astika perché in essa troverai risposta a tutte le tue domande.
Saunaka disse:

"Gli anziani che risiedevano qui a Naimisaranya riportarono questa antica storia narrata da Srila Vyasa. Mio padre, Romaharsana Suta, erudito discepolo di Vyasa,
aveva già narrato in precedenza questa storia su richiesta dei brahmana."
Dato che me lo chiedi, Saunaka, narrerò la storia di Astika esattamente come l'ho a mia volta sentita.
Il padre di Astika era un saggio potente, come forza uguale ai praja-pati, i progenitori che governano il genere umano. Era celibe, controllava strettamente i sensi ed era sempre impegnato nella pratica di severe ascesi. Conosciuto come Jaratkaru, elevò il suo potere seminale nutrendo la mente e diventando così un grande saggio. Questo studioso eminente, di grande religiosità, inflessibile nei suoi voti, era un discendente della famiglia Yayavara. Una volta, camminando, vide i suoi antenati appesi a testa sotto, sopra una grande buca. Vedendoli in questa condizione, Jaratkaru chiese: "Chi siete, cari signori e perché state appesi a testa in giù sopra questa buca? Siete sorretti soltanto da un semplice groviglio di fili d'erba che viene rosicchiato tutt'intorno da un ratto inafferrabile che abita questa tana."
Gli antenati risposero:

"Siamo gli Yayavara, saggi coerenti coi nostri voti. Poiché si sta estinguendo la nostra dinastia, o brahmana, siamo destinati a precipitare in questa voragine. Il nostro ultimo discendente ancora vivo è conosciuto come Jaratkaru, ma siamo così sfortunati che il nostro malcapitato discendente si preoccupa soltanto della vita ascetica. Quello sciocco non vuole prendere moglie e generare buoni figli e preferisce lasciare che la nostra linea familiare finisca. Per questo stiamo sospesi su questo precipizio. Per via di un così scarso tutore delle nostre tradizioni familiari dobbiamo rimanere appesi qui senza aiuto come dei criminali comuni. Chi sei tu nobile signore e perché ti preoccupi di noi come se fossi un nostro parente? Vogliamo sapere, caro brahmana, chi sei e cosa fai qua. Perché sei così gentile con persone così disgraziate come noi?"

Buoni figli sono necessari per continuare la discendenza familiare. Essi sono una garanzia che il "pinda" o cibo santificato verrà offerto a quegli antenati che, a causa di attività peccaminose, sono costretti a vivere in corpi di fantasmi o all'inferno. Offrendo loro cibo e bevande offerte prima a Visnu, essi vengono liberati dalle loro sofferenze. Se non ci sono figli queste offerte non possono essere fatte, in tal caso gli antenati devono patire tutte le conseguenze delle loro attività peccaminose.
Jaratkaru rispose: "In realtà voi siete i miei antenati: padre e nonni. Adesso ditemi cosa posso fare per voi, perché io sono Jaratkaru!"
Gli antenati replicarono: "Per il tuo e per il nostro bene impegnati, caro ragazzo, a garantire la nostra discendenza. Questo, o signore è il tuo vero dovere. In questo mondo, o figlio, né con i frutti della virtù né con l'accumulo di ascesi si possono avere i meriti guadagnati dai genitori di un buon figlio. Caro ragazzo, cerca di trovare una buona moglie e pensa alla continuazione della nostra discendenza familiare. Questo per noi è il traguardo più alto."
Jaratkaru disse: "Benché non abbia mai voluto prendere moglie, per il vostro bene mi sposerò. Ma lo farò solo se troverò moglie a certe condizioni e non altrimenti. Accetterò con riti appropriati una ragazza vergine che porti il mio stesso nome e solo se mi sarà offerta in carità con gioia dalla sua famiglia. Dubito che qualcuno mi offrirà una moglie, povero come sono. Ma se qualcuno lo farà accetterò l'offerta. Miei cari antenati, mi impegnerò con costanza a trovare una moglie, ma a queste condizioni e non diversamente. Di certo un figlio nato da tale matrimonio potrà liberare tutti voi. Così, raggiungendo l'eterna dimora, i miei antenati potranno finalmente essere felici!"
Suta Gosvami proseguì:

"Quel brahmana rigoroso nei suoi voti errò dunque sulla terra in cerca di una moglie con cui condividere la vita familiare. Ma non riuscì a trovare una donna adatta. Una volta entrando nella foresta e rammentando le parole dei suoi antenati, gridò per tre volte: "Desidero una moglie in carità!"
In quella circostanza il serpente Vasuki offrì sua sorella a Jaratkaru, ma lui non l'accettò perché ritenne che avesse un nome diverso dal suo. "Io posso sposare solo una ragazza che porti il mio stesso nome e che mi sia offerta in carità", pensò con determinazione Jaratkaru dalla nobile anima. Allora il saggio asceta disse a Vasuki: "Dimmi la verità, serpente, qual è il nome di tua sorella?"
E Vasuki rispose: "Mio caro Jaratkaru, Jaratkaru è il nome anche della mia giovane sorella che ho portato qui per te. O migliore dei nati due volte, ti prego, accettala!"
Suta Gosvami disse:

"O migliore degli studiosi Vedici, i serpenti sono stati
maledetti dalla loro madre quando disse: "Alimentato dal vento il fuoco sacro vi brucerà tutti al rito sacrificale di Janamejaya."
Per eliminare questa maledizione il più grande dei serpenti presentò la sorella al saggio asceta che si era mantenuto fedele ai suoi voti. Così Jaratkaru la sposò secondo il rituale autorizzato. Da quella donna e dal suo eccelso marito nacque un figlio di nome Astika. Quel bambino dalla grande personalità doveva diventare un asceta e un grande maestro di scritture Vediche. Di carattere era onesto ed equanime verso tutti. Fu lui a cancellare la paura dei suoi parenti.
Ci fu detto da persone autorevoli che, molto dopo che la razza dei serpenti fu maledetta dalla loro madre, il discendente di Pandu, re Janamejaya, iniziò una grande cerimonia conosciuta come il sacrificio dei serpenti. Ma quando il sacrificio, nel suo pieno svolgimento, stava per annientare tutti i serpenti, il famoso saggio Astika li liberò dalla loro maledizione. Egli salvò i Naga, i loro zii materni e molti altri serpenti che erano suoi parenti da parte di madre. Liberando anche gli antenati di suo padre ne preservò la discendenza. Per le sue ascesi, i voti religiosi ed i profondi studi Vedici, divenne libero dai suoi innumerevoli doveri. Soddisfece i deva con diversi sacrifici, i saggi con i suoi studi e con il celibato, i suoi antenati con la progenie. Dopo aver sollevato i suoi antenati dal loro pesante fardello, Jaratkaru, uomo risoluto nei suoi voti, li accompagnò nei pianeti paradisiaci. Così, dopo avere avuto Astika come figlio ed aver accumulato ineguagliabili meriti religiosi, Jaratkaru, uomo di pensiero, raggiunse la dimora celeste dopo una vita molto lunga. Così ti ho raccontato la storia di Astika.
O tigre dei Bhrgu, che cosa devo narrare adesso?"







Capitolo 14



Saunaka disse:

"Suta, per favore, narra con tutti i particolari anche la storia dell'intelligente e santo Astika, noi siamo impazienti di ascoltarla. Hai raccontato sinora e così bene e con tanta proprietà di linguaggio che siamo tutti molto contenti, caro figlio, della tua esposizione. Sei un uomo dabbene e ti esprimi proprio come tuo padre. Parli veramente in modo da mandar sempre soddisfatto il nostro desiderio di ascoltare. Ora, per favore, narra, come fece tuo padre!"
Suta Gosvami riprese il suo dire:

"Saunaka dalla lunga vita, ti racconterò la storia di Astika esattamente come l'ha detta mio padre in mia
presenza.
Molto tempo fa, in tempi di virtù, Prajapati Daksa aveva due figlie radiose come la luce e immacolate, due sorelle di sbalorditiva bellezza. I loro nomi erano Kadru e Vinata che divennero entrambe mogli del saggio primigenio Kasyapa, un marito che per gloria era uguale ai Prajapati. Soddisfatto delle sue due pie mogli, Kasyapa, con grande gioia offrì loro una grazia. Alla notizia che Kasyapa voleva far loro scegliere una grazia, le due eccellenti donne provarono una felicità incomparabile.
Kadru scelse di generare mille figli serpenti, tutti di uguale forza, mentre Vinata desiderò due figli che superassero tutti quelli di Kadru in potenza, valore, resistenza e influenza spirituale. Suo marito le concesse solo un figlio e mezzo, sapendo che lei non poteva avere di più. Allora Vinata disse a Kasyapa: "Fammi avere almeno un figlio superiore ai suoi."
Vinata sentiva che il suo scopo era stato raggiunto e che in qualche modo entrambi i figli sarebbero stati di forza superiore. Anche Kadru fu contenta dato che avrebbe avuto mille figli di uguale potenza. Entrambe le mogli erano contente delle grazie che avevano ricevuto. Allora Kasyapa, asceta potente, le esortò a prender la massima cura dei loro embrioni e si ritirò nella foresta.
Dopo molto tempo Kadru fece mille uova e Vinata due. Le ancelle loro assistenti posero le uova delle due sorelle in due recipienti umidi dove rimasero per cinquecento anni. Trascorso quel periodo i figli di Kadru uscirono dalle uova, mentre non si vedevano ancora i due figli dalle uova di Vinata. Quella donna austera e virtuosa, così ansiosa di avere dei figli, era sconvolta. Allora Vinata ruppe un uovo dentro il quale vide suo figlio. Personalità autorevoli raccontano che la parte superiore del corpo del bambino era già perfettamente formata, mentre non lo era ancora la sua parte inferiore.
Arrabbiato per essere stato bloccato nella sua crescita naturale, il figlio maledì la madre, Vinata, gridandole: "Eri così bramosa di avere un figlio che sei diventata causa della mia deformità e della mia debolezza. Per questo perderai la libertà e per cinquecento anni sarai la schiava della tua rivale; finché l'altro tuo figlio ti libererà da questa schiavitù. Così avverrà, madre, se tu non romperai anche il suo uovo distruggendo il suo corpo come hai fatto col mio. Se desideri veramente un figlio di incomparabile valore dovrai aspettare pazientemente la sua nascita, che avverrà fra cinquecento anni."
O Brahmana, dopo aver maledetto sua madre Vinata, il figlio si librò alto nei cieli, dove è possibile vederlo anche adesso come Aruna: la luce rosata che precede l'alba. A tempo debito nacque il possente Garuda: il divoratore di serpenti. Non appena nacque, o tigre della dinastia Bhrgu, lasciò Vinata e volò nel cielo; era affamato e pronto a procurarsi il cibo come era stato predisposto dal creatore.







Capitolo 15


Suta Gosvami continuò:

"Saggio, nobile per le tue ascesi, in quel momento le due sorelle videro arrivare dinanzi a loro lo stallone Uccaisrava, gioiello supremo fra i cavalli, generato dallo sbattimento dell'oceano di latta e che tutti i Deva onorano con gioia. Quel destriero celeste, primigenio,
addobbato con ogni segno di buon augurio, appariva meraviglioso e immensamente potente. Era il più bello e veloce fra i cavalli."
Saunaka domandò:

"Dove e come i deva frullarono l'oceano di latte dal quale si manifestò il re dei cavalli, di forza e splendore così straordinari? Per favore, narraci questo evento!"
Suta Gosvami rispose:

"Esiste una montagna splendente chiamata Meru, avvolta nel proprio sfolgorio. E' la più bella fra tutte le montagne e, con i suoi picchi lucenti e dorati, minimizza lo splendore del sole stesso. Sembra veramente un meraviglioso gioiello d'oro. Famosa fra i deva e fra i Gandharva, è immensa e può essere avvicinata soltanto da coloro che sono profondamente giusti. Terrificanti bestie da preda frequentano questa grande montagna e varie specie di erbe celesti la rendono luminosa. Imponente ed altissima, si erge oltre l'immensa volta celeste. Inaccessibile alla gente comune, questa montagna si estende al di là della loro immaginazione. Ricca di fiumi e di foreste, risuona di dolci suoni per la presenza delle più affascinanti varietà di uccelli.
Dopo aver scalato i suoi picchi scintillanti e tempestati di gemme, che si innalzano quasi all'infinito, i potenti deva una volta si riunirono sulla sua cima. Gli abitanti dei pianeti paradisiaci si sedettero per il concilio ed iniziarono una discussione su come avrebbero potuto procurarsi il nettare celeste, che rende possibile la sperimentazione di piaceri paradisiaci. Per attirare benedizioni su di loro, osservarono strettamente le regole della religione e si dedicarono a severe ascesi.
Mentre i deva riflettevano e dibattevano l'argomento da ogni possibile punto di vista, il Signore Supremo, Narayana, si rivolse così a Brahma: "deva e demoni insieme devono frollare l'oceano di latte, perché soltanto dopo che il grande oceano sarà stato sbattuto ne uscirà il nettare dell'immortalità. Fate quel che vi ho detto, deva, così sarete sicuri di ottenere ogni specie di erba curativa, tutte le varietà di gioielli ed infine avrete il nettare."







Capitolo 16


Suta Gosvami disse:

"Avendo deciso di usare il monte Mandara come zangola, i deva si recarono dove era questa montagna meravigliosa. Ornata da picchi torreggianti cinti da cumuli di nubi, lussureggiante di vegetazione, vibrante di suoni per le innumerevoli specie di uccelli e popolata da molte specie animali, il monte Mandara era luogo di villeggiatura rinomato fra i Kinnara, gli Apsara e gli stessi deva. Si erge per un'altezza di undicimila yojana, equivalente a centoquarantunmilaseicentodiciotto chilometri e le sue radici penetrano sotto terra alla profondità di molti chilometri. I deva avrebbero voluto prendere quella montagna e usarla come utensile per sbattere il latte dell'oceano ma, pur unendo tutte le loro energie, non riuscirono neppure a sollevarla. Allora si recarono dal Signore Visnu e dal Signore Brahma dicendo Loro: "Signori, Vi preghiamo, siate così gentili da concederci la Vostra divina attenzione ed aiutateci a sollevare il monte Mandara!"
"Così sia!" disse il Signore Visnu, mentre il Signore Brahma approvava, o Bhargava. Incoraggiato da Brahma e su ordine del Signore Narayana, il possente Ananta Si eresse e Si accinse ad accollarsi quel compito straordinario. O Brahmana, con la Sua eccezionale forza il formidabile Ananta sollevò quel re dei monti assieme alle sue foreste e tutte le creature che vi abitavano. Dopodiché i deva accompagnarono il Signore Ananta all'oceano cui si rivolsero dicendo: "Sbatteremo le tue onde per ottenere il nettare dell'immortalità".
Il signore dell'oceano rispose: "Se mi riserverete una parte del nettare tollererò il pesante urto degli sbattimenti causati dal monte Mandara."
Deva e demoni andarono insieme a trovare il re delle tartarughe, Akupara, che significa "l'illimitato" e gli dissero: "Signore, per favore, dovresti aiutarci facendo da perno su cui far ruotare il monte Mandara."
La tartaruga acconsentì offrendo generosamente il proprio dorso. Il signore Indra con un attrezzo provvide a spianare il picco della montagna dopodiché, adattando il monte Mandara alla funzione di mestolo per la sbattitura ed usando il serpente Vasuki come la corda di una zangola, i deva cominciarono a frullare il vasto oceano. Anche i Daitya e i Danava erano impazienti di bere il nettare, o Brahmana, così anche loro cominciarono a frullare. I grandi demoni imbracciarono un'estremità di Vasuki, re dei serpenti, e i deva si posero dall'altra imbracciando la coda.
Il Signore Ananta, un'espansione plenaria della Personalità di Dio, stava vicino al Signore Narayana, anch'Egli una manifestazione plenaria del Signore Supremo. Ripetutamente il Signore Ananta sollevò la testa del serpente per poi spingerla in basso. Tirato avanti e indietro dai deva e dai demoni Vasuki sprigionava fuoco e fumo senza posa. Le volute di fumo si trasformavano in nubi da cui cadevano pioggia e fulmini sui Deva già stremati dalla fatica per il duro lavoro. Dai picchi più alti della montagna cadde poi una pioggia di fiori che disseminò ghirlande ovunque: sui deva e sui demoni.
Poi, mentre deva e demoni sbattevano l'oceano con il monte Mandara, un boato profondo scaturì dalle acque, simile al brontolio del tuono dentro le nubi. Ogni specie di vita marina fu stritolata dall'enorme montagna e innumerevoli creature lasciarono il corpo nell'oceano pieno di nettare, tuttavia, per potere della montagna che era stata toccata e sollevata dal Signore Supremo Ananta, tutte quelle creature furono benedette e liberate dai loro poco sensibili corpi acquatici, diversamente avrebbero dovuto continuare a vivere in quelle forme poco evolute. Mentre la montagna continuava a girare, alberi giganteschi, con stormi di uccelli, si scontravano l'un l'altro precipitando dalla sommità. La caduta di questi alberi causò un incendio le cui lingue di fuoco lambirono e riscaldarono il monte Mandara rendendolo simile ad una scarica elettrica in mezzo a nuvole scure cariche di pioggia.

L'incendio bruciò persino animali possenti come elefanti e leoni mentre tentavano di sfuggire alle fiamme. In pratica, ogni creatura lasciò il proprio corpo mortale in quel rogo. Mentre l'incendio divampava riducendo in cenere ogni cosa, il Signore Indra, il migliore dei deva, lo estinse scaricandovi sopra un diluvio d'acqua. Dopodiché, da quegli alberi imponenti uscirono resine e grandi varietà di essenze d'erbe che, unendosi, fluirono dal monte Mandara fino all'oceano. Ed è da queste essenze dotate della forza del nettare, unite all'oro fuso che scorreva giù dalla montagna, che i deva avrebbero ottenuto la condizione di "immortali". Ora le acque dell'oceano, miste alle essenze più raffinate, erano diventate latte che si era poi trasformato in burro.
Immortale: in questo caso la parola immortale sta ad indicare una vita lunghissima, inconcepibilmente lunga, al di là della più fervida immaginazione umana, ma non è la vera immortalità, che si può ottenere solo trasferendosi nel mondo spirituale.
Allora i deva si rivolsero al signore Brahma, colui che concede grazie, seduto di fronte a loro, con queste parole: "Noi siamo completamente esausti, ma il nettare divino non si è ancora manifestato dall'oceano. Fatta eccezione per Dio, Narayana, tutti noi, compresi i Daitya ed i possenti Naga, non abbiamo più la minima forza. Abbiamo zangolato l'oceano così a lungo!"
Brahma allora rivolse queste parole al Signore Narayana: "Mio caro Signore Visnu, Ti prego, concedi loro la forza necessaria, Tu sei il loro unico sostegno."
Il Signore Visnu rispose: "Concedo subito la forza necessaria a tutti coloro che hanno assunto seriamente questo impegno. Vengano sbattute le acque! Si usi il monte Mandara per frullare l'oceano!"
Suta Gosvami disse:

"Dopo aver ascoltato le parole del Signore Narayana, ognuno si sentì rinvigorito e, unendo le forze, tutti continuarono a frullare il latte del grande oceano. Poi sorse da quell'oceano una luna dai raggi rinfrescanti, risplendente di una luce sublime, simile ad un enorme sole con centinaia di migliaia di raggi. Dopodiché, Laksmi, Dea della fortuna, sorse dal burro chiarificato dell'oceano di latte indossando candide vesti bianche, poi fu la volta della dea dell'essenza, infine di un veloce destriero bianco. Si manifestò anche la divina gemma kaustubha, opulenta e radiante, nata dal nettare e destinata al petto del signore Narayana. La Dea della Fortuna, la dea dell'essenza, la luna e il cavallo bianco veloce come il pensiero, si misero tutti sulla via del sole, dimora degli esseri celesti.
(Continua sul prossimo numero)















Calendario vaisnava

MESE DI NARAYANA

25 Dicembre  23 Gennaio



GENNAIO

5 Gennaio, domenica: Saphala Ekadasi. Digiuno di legumi e di cereali.
6 Gennaio, lunedì: Dvadasi. Si interrompe il digiuno dalle 07,49 alle 10,50.
9 Gennaio, giovedì: apparizione di Srila Locana Dasa Thakura, grande devoto di Sri Krsna, conosciuto per le sue canzoni devozionali in lingua bengalese. Scomparsa di Srila Jiva Gosvami, uno dei sei Gosvami di Vrndavana.
19 Gennaio, domenica: Putrada Ekadasi. Digiuno di legumi e di cereali.
20 Gennaio, lunedì: Dvadasi. Si interrompe il digiuno dalle 07,43 alle 10,36.



MESE DI MADHAVA

24 Gennaio  22 Febbraio

28 Gennaio, martedì: apparizione di Srila Gopala Bhatta Gosvami, uno dei sei Gosvami di Vrndavana. 29 Gennaio, mercoledì: scomparsa di Srila Jayadeva Gosvami, grande maestro spirituale.



FEBBRAIO

1 febbraio, sabato: scomparsa di Srila Locana Dasa Thakura.
4 Febbraio, martedì: Sat-Tila Ekadasi. Digiuno di legumi e di cereali.
5 Febbraio, mercoledì: Dvadasi. Si interrompe il digiuno dalle 07,27 alle 10,48.
11 Febbraio, martedì: Vasanta Pancami, primo giorno di primavera. Apparizione Raghunatha Dasa Gosvami, uno dei sei Gosvami di Vrndavana. Scomparsa di Visvanatha Cakravarti Thakura, maestro spirituale e autore Vaisnava, vissuto nel diciassettesimo secolo. Apparizione di Srimati Visnupriya Devi, sposa di Sri Caitanya.
13 Febbraio, giovedì: Apparizione di Sri Advaita Acarya, uno degli associati di Sri Caitanya. Si osserva il digiuno fino a mezzogiorno.
18 Febbraio, martedì: Bhaimi Ekadasi. Digiuno di legumi e cerali. Apparizione di Sri Varahadeva. Digiuno fino a mezzogiorno anche per l'apparizione di Sri Nityananda (del giorno successivo).
19 Febbraio, mercoledì: Dvadasi. Il digiuno si interrompe dalle 07,08 alle 10,42. Apparizione di Sri Nityananda Prabhu.
22 Febbraio, sabato: Apparizione di Srila Narottama Dasa Thakhura, uno dei maestri spirituali della successione disciplica di Sri Caitanya.



MESE DI GOVINDA

23 Febbraio  23 Marzo

27 Febbraio, giovedì: Apparizione di Srila Bhaktisiddhanta Sarasvati Thakura, maestro spirituale di Srila Prabhupada. Digiuno fino a mezzogiorno.







APPARIZIONE DI SRI NITYANANDA PRABHU

18 Febbraio

Nityananda nacque nel villaggio di Ekacakra nel 1474 circa. Suo padre
era un famoso pandita di nome Haddi Ojha e sua madre era Padmavati. Nityananda, il loro unico figlio, nacque nel tredicesimo giorno di luna crescente, nel mese di Magh. Da bambino trascorreva lunghe ore a imitare, con i Suoi amici, i divertimenti di Sri
Krsna, e Lo faceva in modo talmente perfetto e dettagliato da stupire profondamente gli abitanti del villaggio i quali si chiedevano dove avesse imparato tutti quei particolari. Al loro stupore Nityananda rispondeva che tutti quei divertimenti erano i Suoi
stessi divertimenti e che per la Sua
misericordia era permesso loro di
assistervi. All'età di circa dodici anni
lasciò la casa paterna per seguire il sannyasi
Laksmipati Tirtha in un pellegrinaggio che
coprì tutta l'India e che durò fino all'età di trentadue anni quando a Navadvipa incontrò Sri
Caitanya. Da quel momento Nityananda Prabhu
predicò insieme a Sri Caitanya e ai Suoi associati
le glorie del Santo Nome del Signore elargendo la Sua misericordia a tutti senza distinzioni di religione o di casta. Nityananda Prabhu non accettò mai l'ordine di rinuncia, infatti sposò Jahnava Devi, una grandissima devota vaisnava che convertì centinaia di musulmani alla filosofia vaisnava di Sri Caitanya in tutta l'India. Nityananda prabhu lasciò questo pianeta ad Ekacakra, non lontano dal Suo luogo di nascita, dissolvendosi nella Divinità di Bankima Raya, da Lui stesso installata. Ma la presenza di Sri Nityananda, come quella della Sua sakti, Jahnava Devi, è sempre avvertita nel proprio guru, in quanto il guru è la manifestazione dell'amore di Sri Nityananda.















LA FESTA DELLA DOMENICA

Tutte le domeniche, dalle ore 16, siete invitati a una splendide festa completamente gratuita con conferenze, danze, canti trascendentali, cultura vedica, yoga e banchetti vegetariani in compagnia dei devoti di Krishna.



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Bergamo: Villaggio Hare Krishna, Da Medolago strada per Terno d'Isola, 24040 Chignolo d'Isola (BG) - Tel. 0354940706
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Vicenza: Prabhupada-Desh, Via Roma, 9 - Albettone (VI) - Tel. 0444790573
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Fine del numero di gennaio-febbraio 1997.